Fed, solo due strette ai tassi nel 2016

La Yellen: «Necessaria la cautela, rischi dall'economia globale». Riviste al ribasso le stime di crescita

Rodolfo PariettiAdesso è ufficiale: la Federal Reserve rottama il proposito, sbandierato non più tardi di tre mesi fa, di alzare i tassi d'interesse per ben quattro volte nel corso del 2016. In assenza di ulteriori contrordini, saranno solo due le strette monetarie da qui alla fine dell'anno, la prima verosimilmente collocata in giugno e l'altra in dicembre. Sono i cosiddetti dot plot, i «pallini» che disvelano gli orientamenti in materia di politica monetaria dei governatori, a indicare che non ci sono margini per perseguire una strategia più restrittiva, confermando che il processo di normalizzazione del costo del denaro sarà più lungo e non privo di ostacoli. Negativa fino a pochi minuti prima, Wall Street ha apprezzato la linea moderata uscita dalla riunione di ieri della banca centrale Usa, riportandosi subito sopra la linea di galleggiamento (+0,5% a un'ora dalla chiusura), mentre l'euro è risalito sopra la soglia degli 1,12 dollari. Non poteva essere diversamente, anche se - nella sostanza - la retromarcia è come un'implicita ammissione che è stato sbagliato completamente il timing degli interventi. «Muoversi con cautela è necessario», ha spiegato la presidente Janet Yellen, che non ha escluso a priori un rialzo dei tassi in aprile. Ma le condizioni economiche consentono «solo ritocchi graduali» del costo del denaro. Mettendo in conto un doppio giro di vite, il costo del denaro si attesterà a fine 2016 allo 0,9% in media contro l'1,4% inizialmente previsto. Per superare la soglia dell'1% bisognerà aspettare il 2017 (1,9%), mentre Eccles Building colloca i tassi al 3% nel 2018. La Fed ha evitato l'ottimismo di maniera che poteva essere alimentato da quanto successo dopo l'ultima riunione di gennaio. Ovvero, un deprezzamento del dollaro, una risalita dello Standard&Poor's 500 e del petrolio (ieri sopra i 38 dollari il barile). Lo si capisce dalla revisione al ribasso delle previsioni sul Pil, atteso in crescita quest'anno del 2,2% (due decimi in meno dell'outlook precedente), con una maggiore debolezza che si allunga fino al 2017 (+2,1%, un decimo in meno di tre mesi fa) e al 2018 (+2%). I continui progressi del mercato del lavoro, con aggiustamenti previsionali in positivo (disoccupazione nel 2017 dal 4,7% al 4,6%; nel 2018 dal 4,7% al 4,5%), non rappresentano ancora un pilastro così solido su cui poggiare un irrigidimento delle condizioni di credito. «La bassa crescita dei salari» e «l'alto numero di posizioni part-time» sono, secondo la Yellen, i due parametri che mostrano la possibilità di margini di miglioramento. «Moderata» viene definita l'espansione economica, così come la spesa delle famiglie, ma l'occhio della Fed è rivolto soprattutto verso quelle condizioni finanziarie ed economiche globali che «continuano a porre rischi» malgrado i più recenti segnali di (relativa) stabilità arrivati dalla Cina. La frenata della crescita in Europa e in Giappone «non era stata del tutto prevista», ha ammesso la Yellen. In questo quadro tutt'altro che privo di incertezze, con l'inflazione ancora lontana dal target del 2% quest'anno (1,2% l'ultima stima; 1,9% nel 2017), è inevitabile «valutare a ogni meeting» quali decisioni prendere.

Così, saranno le condizioni macro-economiche a determinare le scelte dell'istituto centrale Usa, che con la stretta attuata a fine 2015 aveva voluto anche significare la volontà di guidare gli eventi, anziché subirli come invece sta avvenendo.

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