Sergio Marchionne conferma che il 2018 sarà l'ultimo suo anno alla guida di Fiat. E lo ribadisce in un'intervista a Businessweek , nella quale aggiunge che intende portare Fiat Chrysler Automobiles a sedersi al tavolo di un atteso nuovo consolidamento e guardare a nuove aggregazioni perché «c'è la possibilità che nasca un costruttore più grande dell'attuale Toyota; l'industria ne ha bisogno, è ancora troppo frammentata rispetto al capitale da investire». Il presidente John Elkann, nel servizio, spiega anche, tornando allo stesso problema che si era posto agli azionisti prima del blitz di Fiat su Chrysler, che «la partecipazione della famiglia Agnelli potrebbe essere diluita in un accordo, se questo servirà a rendere più forte la compagnia». «A noi sta bene essere più piccoli in un contesto più grande», disse anni fa, quando era a capo della vecchia Ifil, l'allora numero uno Gianluigi Gabetti. Qualche tempo dopo, Marchionne fece il colpo su Chrysler, approfittando della crisi Usa che aveva messo in ginocchio il colosso di Auburn Hills. Questa coincidenza (le stesse parole, ora pronunciate da Elkann) fanno pensare che un progetto di aggregazione Marchionne lo ha già in mente (e forse già avviato), con l'intenzione di lasciarlo come eredità pesante al suo successore. Diluizione degli azionisti, comuque, non significa vendita, la precisazione successiva del presidente di Fca.
Il passaggio delle consegne, al termine del piano industriale; la ricerca del nuovo socio: tutti temi caldi che tornano alla ribalta con l'intervista concessa da Marchionne ed Elkann al magazine, alla vigilia del nuovo corso del gruppo con la quotazione di Fca a Wall Street e Milano il 13 ottobre. Il tema successione non viene sviluppato nell'intervista, ma era già stato sviscerato in altre occasioni e lo stesso Elkann, qualche tempo fa, aveva fatto i nomi di sei «talenti» di rilievo all'interno del gruppo (chi prenderà il posto di Marchionne, infatti, sarà scelto lungo l'asse Torino-Auburn Hills).
Questi i nomi fatti all'epoca: Alfredo Altavilla, attuale responsabile dei mercati Emea (Europa, Nordafrica e Medio Oriente); Cledorvino Belini, a capo delle attività sudamericane; Mike Manley, numero uno di Jeep; Richard Palmer, direttore finanziario; Richard Tobin, ad di Cnh Industrial; Harald Wester, ad di Alfa Romeo e Maserati. Tra questi «talenti», dunque, potrebbe esserci il successore di Marchionne. Un osservatore delle vicende Fiat, comunque, una sua classifica l'ha già pronta: «Se accadasse ora, vedrei in pole Manley, per la sua età e soprattutto l'esperienza internazionale; quindi Palmer, super esperto di conti e finanza; e poi l'ingegnere, cioè Wester». Ma da qui a quattro anni, tutto può succedere. Marchionne intanto ha già anticipato che farà altro. «Il mio ruolo - il chiarimento successivo - dovrà essere riconfigurato. Ci sono diverse cose che il prossimo ad dovrà fare e che sono totalmente diverse da quello che faccio io. Spazio ai giovani». E se, divertendosi, Marchionne restasse solo presidente di Ferrari? Probabile, comunque, che non rinunci al cda di Exor.
La febbre del toto-aggregazioni, intanto, ha ripreso a salire. A parte i soliti noti (Mazda e Suzuki), c'è chi punta su un colosso cinese (da Pechino guardano sempre più a Occidente e l'acquisizione di Volvo da parte di Geely è l'esempio più forte). E c'è anche chi sogna una mega-fusione con il gruppo Volkswagen, la stessa che - secondo il magazine tedesco Manager Magazin - piacerebbe a Ferdinand Piëch, numero uno di Wolfsburg.
Gli eterni rivali di Fiat, in questo modo, risolverebbero il problema Usa (e Piëch avrebbe un po' di Alfa Romeo anche per sé); Torino beneficerebbe della presenza radicata dei tedeschi in Cina; in Europa entrambi si prenderebbero il 30% del mercato; ma in Brasile sorgerebbero problemi di antitrust. Da scioglere poi la sovrapposizione tra Lamborghini e Ferrari, che potrebbe diventare un gioiello esclusivo di casa Agnelli. Fantasie d'autunno?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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