Economia

Fmi: "Dalle assicurazioni rischio choc per l'economia"

L'esposizione in asset è di 24mila miliardi di dollari: servono cuscinetti di capitale aggiuntivo per affrontare scenari avversi

Fmi: "Dalle assicurazioni rischio choc per l'economia"

La Cina resta il principale fattore di rischio per la stabilità globale, ma il Fondo monetario internazionale inserisce anche le compagnie di assicurazione nel mazzo delle potenziali insidie sistemiche, quelle cioè in grado di dare una scossa ad altissimo wattaggio al sistema capitalistico. Timori esplicitati in due capitoli del Global Financial Stability Report, diffusi nel giorno in cui l'istituto guidato da Christine Lagarde ha riannodato i fili delle trattative con la Grecia dopo le polemiche innescate dalla pubblicazione da parte di Wikileaks delle presunte pressioni che il Fondo avrebbe esercitato sulla Germania per concedere un taglio del debito ad Atene, pena una sua uscita dal programma di salvataggio.Così come la gestione nei confronti di Atene è stata spesso ondivaga, oscillando tra il pugno di ferro e toni più concilianti, altrettanto singolare è come l'Fmi leghi gli aumentati pericoli che potrebbero derivare dal settore assicurativo alla politica dei bassi (o, peggio, negativi) tassi d'interesse. Quella stessa politica incoraggiata, se non addirittura sollecitata, dal Fondo più volte negli ultimi anni.

Di sicuro, la compressione dei rendimenti ha costretto le compagnie a una profonda metamorfosi, sintetizzata nell'assunzione di maggiori rischi finanziari. Anche per soddisfare i minimi garantiti dai vecchi contratti, i titoli acquistati in passato sono stati sostituiti alla scadenza con asset meno tranquilli. Ecco quindi entrare in ballo le polizze unit linked e le index linked, più legate all'andamento del mercato e dunque esposte a suoi possibili rovesci. Calcola l'Fmi: le assicurazioni sono tra i maggiori investitori istituzionali, detenendo circa il 12% degli asset finanziari globali, ovvero 24.000 miliardi, di cui circa l'85% in mano alle assicurazioni che erogano polizze sulla vita. Quindi, «nel caso di uno choc avverso, è improbabile che le compagnie onorino il loro ruolo di intermediari finanziari». Il suggerimento è dunque quello di «accantonare dei cuscinetti di capitale durante i periodi economici positivi da usare in quelli negativi». Insomma, spalle più robuste per affrontare i tempi bui. È un po' ciò che prevedono le regole di Solvency II che mirano a ridefinire proprio i criteri di stabilità finanziaria, sulla falsariga di quanto fatto con le banche con Basilea II.

Le norme sono in vigore da inizio anno, e le richieste di modifica non si sono ancora placate. Ai Signori delle polizze fa storcere il naso, per esempio, la parte che prevede requisiti di capitale fino al 50% per gli investimenti azionari. Un paletto oneroso che potrebbero costringere le compagnie a dirottare enormi risorse verso i titoli di Stato, nonostante i tassi d'interesse ridotti ai minimi storici.

Le assicurazioni italiane, che hanno già in pancia 300 miliardi di euro di bond pubblici, rischiano tra l'altro un salasso finanziario se dovesse passare la proposta tedesca che prevede accantonamenti prudenziali, non considerando più risk free questi titoli.

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