Economia

Fmi: "Mina bond da 19mila miliardi"

Il Fondo monetario: «Aziende sempre più indebitate, ci sono rischi per la stabilità»

Fmi: "Mina bond da 19mila miliardi"

C'è una gigantesca mina nel cuore del sistema finanziario mondiale. Sono i 19mila miliardi di dollari di debito aziendale, accumulati dalle otto principali economie del pianeta, che in caso di avvitamento della congiuntura avrebbero appiccicato addosso il bollino nero «a rischio default». E l'Italia deve stare in guardia, visto che oltre il 50% del suo debito corporate è «di grado speculativo», un livello perfino superiore a quello di Usa e Cina. Non ancora spento l'allarme lanciato martedì scorso sul rallentamento dell'economia mondiale, il Fondo monetario internazionale posa la lente sulla situazione finanziaria a livello globale. Partendo da una premessa molto probabilmente indigesta a Mario Draghi e a tutti i banchieri centrali che hanno implementato negli anni misure di stimolo: le politiche monetarie lasche, con il progressivo azzeramento dei tassi, se hanno da un lato contrastato il deterioramento congiunturale, dall'altro hanno spinto le imprese «a far sempre più debiti». E ora, la loro capacità a ripagarlo «si sta indebolendo».

È la vecchia storia del moral hazard, l'incoraggiamento ad assumere posizioni finanziarie pericolose in quanto ci sono le banche centrali, in qualità di prestatore di ultima istanza, che proteggono a tutti le spalle. Ma il rischio non è sempre calcolato. E le «valutazioni eccessive di alcune classi di asset» sottolineate dall'organizzazione guidata da Kristalina Georgieva ne danno la misura. E d'altra parte l'Fmi, come la Germania che ha sempre considerato l'appiattimento della curva dei rendimenti un colpo mortale per fondi pensione e compagnie d'assicurazione, ricorda come la caccia al guadagno abbia spinto gli investitori istituzionali ad assumere sempre più rischi e a rivolgersi a titoli sempre meno liquidi. E non potrebbe essere altrimenti: i bond statali e societari con tassi negativi ammontano a 15mila miliardi. E nei prossimi tre anni la giostra girerà nello stesso modo, con un quinto dei titoli statali con tassi sottozero.

«Tali esposizioni», avverte il Rapporto sulla stabilità finanziaria globale, «potrebbero agire da amplificatori in caso di choc», e sono particolarmente preoccupanti in un momento in cui le vulnerabilità tra le entità finanziarie non bancarie sono «elevate» nell'80% dei Paesi a rilevanza sistemica. Un livello sinistramente vicino a quello visto all'acme della Grande crisi dei mutui subprime e che non va sottovalutato malgrado la maggiore «resilienza» del settore bancario, alle prese tuttavia con una bassa redditività provocata dall'azzeramento dei tassi e con i bassi livelli di capitalizzazione. Per questo, guardia alta, con controlli rigorosi della valutazione del rischio di credito bancario.

Il compito maggiore ricade però sui governi, invitati a coordinare le politiche a livello globale mettendo in campo «una maggiore cooperazione» per «ridurre i pericoli che potrebbero esacerbare la prossima crisi economica». In sostanza, «occorre risolvere le tensioni commerciali».

Nell'era dei muri sempre più alti un'impresa tutt'altro che facile.

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