Fmi taglia le stime: solo una ripresina

Nel 2020 attesa una crescita globale del 3,3%. E l'Italia è fanalino di coda (+0,5%)

Fmi taglia le stime: solo una ripresina

Ad ogni appuntamento con il Global economic outlook del Fondo monetario internazionale, sembra di assistere a una rappresentazione di «Aspettando Godot». La crescita economica, quella robusta e duratura, non arriva mai. C'è sempre qualche inciampo sul terreno, nubi persistenti e perturbazioni in arrivo. Il solito copione, quello che costringe il Fondo nella nuova gestione di Kristalina Georgieva, subentrata a Christine Lagarde, a procedere ancora una volta per sottrazione.

Si ritoccano le stime autunnali verso il basso, per la sesta volta consecutiva, e la primavera appare lontana. Adesso, lì a Washington, ci dicono che il mondo è cresciuto lo scorso anno del 2,9%, 0,1 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni di ottobre, e che nel 2020 toccherà il 3,3% (sempre -0,1%), mentre per il 2021 lo scarto è di 0,2 punti, al 3,4 percento.

«Le prospettive globali rimangono deboli e non ci sono chiari segni di una svolta», dice senza mezzi termini l'Fmi. Per inforcare gli occhiali con le lenti rosa non basta insomma la tregua commerciale firmata da Stati Uniti e Cina, né le minori probabilità di una Brexit senza accordi. Anche perché i cambiamenti climatici «colpiranno l'economia». Inoltre, dopo aver imposto dazi sull'alluminio e sull'acciaio made in Ue, Donald Trump si appresta ad allargare il fronte dello scontro con l'Europa con l'introduzione di ulteriori tariffe aggiuntive sui prodotti agroalimentari e ha già messo nel mirino il settore automobilistico. Misure palesemente indigeste per un'area a rischio di stallo. Il Fondo non manca infatti di rilevare come l'eurozona sia stata tenuta a galla lo scorso anno dalle misure di allentamento monetario della Bce. E lo stesso accadrà nel 2020. Un vaso di coccio fra vasi di ferro, o quasi, sulla scena mondiale. E, naturalmente, l'Italia appare ancora più debole a causa della sua ormai cronica tendenza alla crescita da zero virgola. Anche se il Fondo non ha ritoccato le stime ottobrine, le prospettive tricolori restano flebili: il 2019 si sarebbe chiuso con un incremento del Pil dello 0,2%, mentre quest'anno non andremo oltre un +0,5% e il prossimo registreremo un +0,7%. Nonostante numeri così risicati, gli esperti dell'Fmi continuano a battere su un punto, lo stesso su cui la Bce insiste da tempo: a causa dell'elevato indebitamento, non ci sono spazi di manovra per misure espansive. Occhio quindi agli sforamenti di bilancio e alla tentazione di rallentare, o addirittura sospendere, il processo di risanamento dei conti pubblici, consentiti solo «se l'attività dovesse indebolirsi in modo sostanziale» e «se le condizioni di mercato lo permettessero» (in pratica, in assenza di tensioni sullo spread). Per contro, Paesi come la Germania con amplissimi surplus di bilancio dovrebbero procedere senza esitazione sulla strada che porta a maggiori investimenti in «ricerca, istruzione e infrastrutture».

Il Fondo non sembra comunque farsi troppe illusioni sulla capacità dei Paesi di intraprendere un cammino virtuoso. Arriva a invocare una «più forte cooperazione internazionale», ma poi chiede soprattutto il sostegno delle banche centrali.

Ciò vale anche per la Federal Reserve, visto che negli Stati Uniti, dopo l'espansione del 2,3% nel 2019, quest'anno la crescita sarà del 2% e ancora più debole nel 2021 (+1,7%). Numeri ben al di sotto del 3% promesso da Trump. A pochi mesi dal voto per le presidenziali, è molto probabile che il tycoon torni alla carica con Jerome Powell per ottenere altri tagli dei tassi.

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