Fonsai-Unipol, ok dei soci ma non dei fondi

Approvati gli aumenti di capitale. Cimbri: "La sede sarà Bologna. Chi vuole fermarci investa 1,7 miliardi". Verso lo scontro finale

Fonsai-Unipol, ok dei soci ma non dei fondi

Unipol prosegue senza indugi la sua rotta verso Fonsai. Le assemblee parallele delle due compagnie, a Bologna e a Torino, hanno cercato di lanciare un messaggio rassicurante al mercato le cui precedenti certezze sono state scompaginate dall’iniziativa di Sator e Palladio. E, d’altronde, anche l’approvazione dei due aumenti di capitale fino a 1,1 miliardi che saranno guidati da Mediobanca è stata caratterizzata da maggioranze bulgare: 99,81% per Unipol e 84,06% per Fonsai, anche se i fondi guidati da Arpe e Meneguzzo si sono astenuti.
Anzi, l’ad della compagnia delle «coop rosse», Carlo Cimbri, ha volutamente sottolineato che Sator e Palladio «con l’8% non possono bloccare alcunché, a meno che non ci siano accordi con altri azionisti, a oggi non conosciuti a Unipol e neanche al mercato», alludendo al concerto evidenziato dall’Isvap. Un modo anche per esorcizzare i timori di un rallentamento della macchina già messa in piedi. «Progetti alternativi per avere qualità comparabile devono partire» da quota 1,7 miliardi di euro, ha affermato riferendosi al complesso delle risorse messe in gioco tra Emilia e Piemonte. Anche per questo motivo, Cimbri ha spiegato ai suoi azionisti che la sede resterà Bologna, che i ritardi di Premafin sono dovuti alle «sollecitazioni» esterne, che fino all’ottenimento delle necessarie autorizzazioni «Unipol non investirà un euro» e che i Ligresti non avranno nessun ruolo.
Ma il gioco di rimessa non si attaglia a Cimbri che, anzi, ha rilanciato sul buio di Sator e Palladio. Unipol è pronta a sottoscrivere parte del convertendo che Premafin ha proposto alle banche creditrici nel piano di ristrutturazione del debito, rilevando una quota aggiuntiva di 75 milioni ai 150 già proposti. In questo modo la holding sarebbe ancor più patrimonializzata e la presa della compagnia bolognese sarebbe ancora maggiore. La parte a debito con scadenza 2018 invece si ridurrebbe a circa 150 milioni. Il via libera degli istituti capeggiati da Unicredit dovrebbe arrivare a breve. La precisazione è stata fornita su richiesta della Consob che aveva interrogato Unipol circa la volontà di partecipare attivamente alla ristrutturazione.
Ma il numero uno di Via Stalingrado ha anche svelato un particolare non insignificante che evidenziano la volontà di non fermarsi. Se in qualche modo il piano a quattro non si realizzasse, Unipol con l’ingresso in Premafin potrebbe gestire il gruppo come una conglomerata «come già facevamo con Aurora Assicurazioni» prima della sua integrazione. Insomma, un «piano B» esiste.
Quello stesso «piano B» che le domande di Sator e Palladio hanno fatto emergere durante l’assemblea di Fonsai. È stato infatti approvato il piano industriale stand-alone che vede, anche grazie all’aumento, un utile netto di 400 milioni al 2014, un combined ratio del 96,2%, con un’ipotesi di contenimento dei costi di 100 milioni e un solvency ratio superiore al 150 per cento. Il presidente Jonella Ligresti e l’ad Emanuele Erbetta - che ha anticipato come i primi due mesi del 2012 abbiano evidenziato un miglioramento del business - hanno inviato un messaggio «politico» a Unipol e Sator-Palladio: il progetto industriale, curato da Erbetta e dal dg Piergiorgio Peluso, in parallelo alla severa pulizia di bilancio, ha già creato valore. I concambi ne dovranno tener conto.


Ecco perché Jonella Ligresti si è mostrata «ragionevolmente serena» sul buon esito dell’aumento di capitale anche senza Unipol. Certo, l’attuale ricapitalizzazione è garantita da Mediobanca sulla base del progetto di integrazione con Bologna. Senza, bisognerebbe ripartire dal via anche con l’Isvap. Però, mai dire mai...

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