Pier Carlo Padoan parla di «momento di riflessione», ma in realtà ha tutta l'aria di essere il preludio alla rottamazione dell'idea di una Tobin Tax comunitaria. Ancor fresco di nomina, il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, ha fatto calare la ghigliottina sul progetto di tassare le transazioni finanziarie: «C'è stata la Brexit - ha detto - , e occorre misurarne tutte le conseguenze prima di prendere delle decisioni sulla Ftt (Financial transaction tax, ndr)». A molti pare infatti autolesionistico dare un giro di vite fiscale nel momento in cui molte big corporation, banche e società stanno valutando se fare i bagagli, dire bye-bye alla City e approdare su altre piazze.
Ma il leave di Londra è anche un comodo alibi prêt-à-porter che maschera contrasti emersi fin dal gennaio 2013, quando si cominciò a pensare alla Tobin Tax. Il progetto della Commissione, presentato nel febbraio di quell'anno, prevedeva di incassare circa 35 miliardi l'anno da un'imposta minima comune dello 0,1% sulle transazioni relative a tutti gli strumenti finanziari ad eccezione dei derivati, sui quali verrebbe applicata una tassa dello 0,01%. Ma quel progetto è rimasto lettera morta. Oltre quattro anni non sono bastati per raggiungere una convergenza nè sulle modalità, nè sull'estensione e neppure sulle aliquote. È un po' il solito copione di un'Europa litigiosa e incapace di trovare una linea comune. Un «tutti contro tutti» cui partecipa anche Padoan, che, stanco di troppo reprimende, non esita a pungere Berlino: l'agenda delle riforme, «che viene ricordata ad ogni piè sospinto», non vale solo per l'Italia, ma anche per tutti i Paesi dell'Ue, «a cominciare dalla Germania», che un decennio fa «ha fatto quelle giuste», ma «sono dieci anni che non ne fa».
Le recenti elezioni in Francia hanno poi contribuito a determinare una presa di distanza marcata rispetto alla linea tenuta dal precedente esecutivo. Uno dei più forti sostenitori della tassa sulle transazioni finanziarie era il ministro francese Michel Sapin, socialista. Ora Sapin non c'è più: al suo posto Le Maire che socialista non è. Così come in Germania la Tobin Tax era un punto forte per i socialdemocratici e adesso con le difficoltà elettorali di Martin Schulz si è aperto un problema. È il vento che cambia, rendendo meno spendibile la carta dell'onere da far pagare al settore finanziario ora che anche a detta di Mario Draghi la crisi è alla spalle.
Parigi potrebbe quindi sfilarsi dal gruppo degli 11 Paesi (tra cui l'Italia) che, in linea teorica, dovrebbero ancora studiare il dossier Fft. Una roba da 10 piccoli indiani. Basterebbe altre due defezioni, e il progetto sarebbe al capolinea.
Un'ipotesi poi non così remota visto che il Belgio e la Slovenia hanno già minacciato di andarsene sbattendo la porta. Ma, soprattutto, i francesi non hanno fatto altro che dire a voce alta ciò che tutti (o quasi) pensano della Tobin Tax: se non c'è, è meglio.
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