Tra i nodi da sciogliere sul decreto legge fiscale collegato alla manovra c'è il progetto della rete unica Tim-Open Fiber. Governo e maggioranza sono al lavoro sulla norma per incentivare l'integrazione tra le reti a banda ultralarga. Sulla misura si starebbe consumando un braccio di ferro tra Lega e Cinque Stelle. Il Carroccio, infatti, avrebbe fatto marcia indietro sullo stop alla clausola occupazionale prevista inizialmente per evitare possibili ricadute sui costi in bolletta per gli utenti. Per questo il tema, su cui è in corso una riflessione, è stato rinviato a lunedì.
Il settore strategico delle tlc è dunque nel mirino del governo. Il 17 dicembre ci sarà un incontro al ministero dello Sviluppo Economico dove sono convocati tutti i rappresentanti delle principali società di telecomunicazioni riuniti in Asstel. I sindacati, invece, andranno al Mise il 20 dicembre. Sarà l'occasione per le società di tlc di presentare le loro rimostranze sulla gara 5G, che il governo ha gestito con lo spezzatino delle frequenze, obbligando dunque gli operatori a fare continui rilanci. Il risultato di oltre 6 miliardi di euro, positivo per le casse dello Stato, viene però bollato negativamente dalle aziende (che dovranno pagare le frequenze) ma anche dai sindacati che temono, come del resto le aziende stesse hanno annunciato, minori investimenti per il settore mettendo a rischio l'occupazione. Nei prossimi giorni dovranno quindi essere prese decisioni importanti che peseranno sul settore a livello strategico, occupazionale e potranno persino influenzare il prezzo finale che gli utenti dovranno pagare per la bolletta di casa.
Sul futuro di Tim sono circolate varie ipotesi: dallo scorporo della rete, che andrebbe poi a confluire in una unica con Open Fiber, a quello dei servizi. Un percorso che riporta all'epoca del cosiddetto piano Rovati, quando si ipotizzava una fusione tra Telecom e Mediaset. Secondo Equita, il risultato finale del riassetto, sia che preveda lo scorporo dei servizi sia quello della rete, «non è molto differente a nostro avviso per il mercato». Dopo la separazione, per Equita, si potrebbe avere una «Tim servizi» con Vivendi come azionista di riferimento, e una «Tim Rete» che, dopo la fusione con Open Fiber, avrebbe Cdp come socio di riferimento e Vivendi come secondo azionista.
Nella società dei servizi potrebbero entrare circa 12mila dei quasi 50mila dipendenti di Tim in Italia. Questa società, che potrebbe essere aperta ad alleanze (vedi Mediaset per i contenuti), potrebbe anche essere quotata in Borsa. Ieri il titolo Tim è salito in Borsa del 2,9 per cento.
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