Generali, Caltagirone da solo per evitare il rischio "concerto"

Lascia il patto con Del Vecchio e presenterà la sua lista. Mossa tattica per schivare uno stop delle Authority

Generali, Caltagirone da solo per evitare il rischio "concerto"

Colpo a sorpresa nella guerra per il controllo di Generali. Ieri sera Francesco Gaetano Caltagirone (all'8,05% di Trieste), ha annunciato il recesso «unilaterale e immediato» dal patto di consultazione che riuniva, dallo scorso settembre, la sua partecipazione nel colosso assicurativo a quella in mano alla Delfin di Leonardo Del Vecchio (al 6,67%) e a Fondazione Crt per una quota complessiva pari al 16,2 per cento. Nella stessa missiva indirizzata a Romolo Bardin, ad di Delfin, e a Giovanni Quaglia, presidente della Fondazione, l'imprenditore romano ha comunicato la volontà di presentare una propria lista al rinnovo del cda del Leone del 29 aprile «sebbene non sia stata ancora assunta univoca determinazione circa la promozione di una lista lunga oppure corta», formulazione volutamente vaga che lascia aperta la porta a ogni eventualità. Caltagirone ha motivato la scelta, ritenendo «ormai superata la funzione cui il patto era preordinato» ovvero «favorire la consultazione delle parti in vista delle determinazioni da assumere» in assemblea.

Nessuna divergenza tra gli ex pattisti: «i rapporti sono ottimi e non c'è divergenza di opinioni», trapela infatti da fonti vicine ai fascicoli. Da tempo i due imprenditori contestano la strategia portata avanti in Generali dall'ad Philippe Donnet, in campo per il terzo mandato con la lista del cda voluta da Mediobanca (al 12,8% del capitale Leone e il 17,2% dei diritti di voto) e da DeAgostini (socio in uscita).

Del Vecchio e Caltagirone si starebbero preparando a combattere nel più semplice dei modi: scompigliando le carte già in tavola e sciogliendo ogni legame ufficiale tra loro. Insomma, liberandosi le mani per lo shopping considerando che nessuno dei due imprenditori ha problemi di liquidità e allentando il rischio di finire nel mirino delle autorità di mercato qualora il patto di consultazione fosse interpretato come qualcosa di più vincolante dopo che nel corso dei mesi si sono susseguite acquisizioni di titoli sul mercato quasi in sincronia e, una settimana fa, a stretto giro sono arrivate le dimissioni dal cda di Generali, in procinto di avviare i lavori per la compilazione della lista del board, di Caltagirone, Bardin e Sabrina Pucci vista come vicina a Crt (visione contestata dai torinesi) e in precedenza consigliere nella EssilorLuxottica presieduta da Del Vecchio. Meglio non rischiare, tanto più che si vocifera che alcuni interrogativi siano già arrivati sul tavolo delle autorità. In particolare, o Generali o la stessa Mediobanca potrebbero aver presentato esposti nei quali si contesterebbe la mancanza dell'autorizzazione necessaria per il superamento del 10% e, successivamente, del 20% del capitale di un gruppo assicurativo. Il recesso di Caltagirone dovrebbe evitare al patto di dover rispondere nel merito. E, inoltre, allontanerebbe il remoto ma costoso il rischio di Opa obbligatoria (al superamento del 25% del capitale anche se la contestuale presenza di Caltagirone e Del Vecchio in Mediobanca potrebbe destare qualche interrogativo in più).

Non a caso la nota emessa

da Caltagirone sottolinea che «nessun impegno è stato assunto a valle della sottoscrizione del patto con riguardo alla presentazione di liste di maggioranza o di minoranza, né tantomeno con riguardo al voto in assemblea».

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