Economia

Generali, patto Caltagirone-Del Vecchio

L'asse vincola l'11% e punta a una gestione "più profittevole". Occhi su Mediobanca

Generali, patto Caltagirone-Del Vecchio

Centosessantaquattro anni in due. Francesco Gaetano Caltagirone e Leonardo Del Vecchio ieri hanno spiazzato Piazza Affari e rimescolato le carte in tavola con l'annuncio della costituzione di un patto di consultazione su Generali, aperto a terzi, in vista dell'assemblea per il rinnovo del cda in agenda con l'approvazione del bilancio 2021. Per la prima volta in cinquant'anni (e in particolare dall'asse tra Enrico Cuccia e Antoine Bernheim del 1973) viene messa in discussione l'influenza di Mediobanca nella compagnia assicurativa (di cui detiene il 12,93%).

Caltagirone e Del Vecchio, che da mesi proseguono gli acquisti sul Leone e sulla merchant bank milanese (di cui il patron di Luxottica ha il 18,9% e Caltagirone il 3% con un'opzione su un altro 2%, a un passo quindi dalla soglia di Opa), hanno vincolato il 10,948% di Generali. E potrebbero contare in futuro sull'appoggio di Crt (1,8%) e di Edizione, la holding della famiglia Benetton (3,97%), che tuttavia al momento non commentano, fino ad arrivare al 16,72% del capitale.

La decisione di ufficializzare il patto evidenzia la spaccatura del cda a ridosso dal board del 27 settembre che, in teoria, dovrebbe dare il calcio di inizio ai lavori per la lista del cda. Alternativa voluta da Piazzetta Cuccia, in quanto ritenuta maggiormente rappresentativa del mercato, mentre i due pattisti punterebbero a un rinnovo della governance, a iniziare dai ruoli apicali. È troppo presto per capire se si tratti di una dichiarazione di guerra o di sola pressione per arrivare a un compromesso. Martedì 14 settembre intano è prevista una riunione dei consiglieri non esecutivi di Generali (quindi con esclusione, tra l'altro, dell'ad Philippe Donnet che ha già dato disponibilità al terzo mandato) per affrontare il tema della governance e verificare la possibilità di arrivare a proposte e a soluzioni condivise. Proposte che potrebbero passare, ad esempio, da un ritorno nella struttura del gruppo del direttore generale che, per Statuto, riporta al cda (e non all'ad).

La poltrona di Donnet è il primo degli snodi critici da affrontare nel braccio di ferro in corso tra i due pattisti e Mediobanca che, a sua volta, avrebbe l'appoggio dei De Agostini (1,46%). Dall'avvio della gestione del manager francese, nel 2016, Generali in Borsa ha registrato una crescita 55% a confronto del 48% di Zurich, e total equity return del 101% rispetto al 99% di Zurich. Ma a Del Vecchio e Caltagirone non basta. I due soci, infatti, puntano «a una più profittevole ed efficace gestione di Assicurazioni Generali, improntata alla modernizzazione tecnologica dell'attività caratteristica, al posizionamento strategico dell'impresa, nonché alla sua crescita in una logica di mercato aperta, trasparente e contendibile».

Praticamente un piano di azione per una possibile lista che, nel caso si dovesse arrivare a uno scontro aperto, potrebbe contendere voti alla lista del cda e a quella di Assogestioni che, nel corso dell'ultima tornata elettorale, avevano raccolto rispettivamente il 60% e al 38,9% del capitale presente in assemblea. Il risultato sarebbe quindi tutt'altro che scontato posto che Generali conta su una cospicua presenza di istituzionali (pari al 40,3% del capitale). Nel frattempo, all'orizzonte inizia a profilarsi lo snodo del piano industriale per cui, quando in cui tutti credevano nel compromesso tra grandi soci, era stata prevista la presentazione del 15 dicembre.

La vicenda, secondo quanto risulta a Il Giornale, è seguita con attenzione dagli uffici della Consob.

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