Giovanni Perissinotto è vicino al capolinea. Domattina alle 10.30 a Milano è stato convocato un cda straordinario delle Generali che verterà sulla sostituzione del group Ceo. Per l’avvicendamento sarà proposta una rosa di tre nomi, ma il candidato con più chance è Mario Greco, ex Ras, Allianz, Eurizon ed attualmente ceo general insurance di Zurich Assicurazioni.
Dopo mesi di tira e molla si è infatti giunti al redde rationem. Le indiscrezioni circolate ieri pomeriggio sull’inattesa convocazione del board convergevano su un’unica direzione: nel consiglio del Leone si sarebbe già formata una maggioranza anti-Perissinotto nell’azionariato e nel consiglio del Leone (del quale Mediobanca è primo azionista col 13,4%) e sarebbe pronta all’azione. Non si tratta di «un’iniziativa isolata», si apprende da fonti finanziarie, perché la lettera di convocazione del board con all’ordine del giorno il «voto di fiducia» sarebbe stata firmata non solo da Piazzetta Cuccia, ma - tra gli altri - anche dai vicepresidenti Francesco Gaetano Caltagirone e Vincent Bolloré oltreché da Lorenzo Pellicioli e Paolo Scaroni.
Solo due soci avrebbero manifestato freddezza nei confronti dei «frondisti». Il primo è Diego Della Valle che, sebbene insoddisfatto dell’andamento della compagnia, si troverebbe malvolentieri dalla stessa parte della barricata di Mediobanca con la quale ha avuto recenti attriti uscendo sia dal patto di Piazzetta Cuccia che da quello di Rcs. Il secondo è Roberto Meneguzzo, numero uno di Palladio Finanziaria (azionista col 24% di Ferak che ha il 50,1% di Effeti), amico personale di Perissinotto e personalmente convinto che il manager paghi l’opposizione a Unipol-Fonsai. Partita nella quale Meneguzzo gioca assieme a Sator sul fronte opposto a Mediobanca.
Insomma, la sortita di Leonardo Del Vecchio con l’intervista al Corriere nel giorno stesso dell’assemblea delle Generali nel quale chiedeva le dimissioni del top management a posteriori può essere letta come un ballon d’essai sul quale si è poi coalizzato uno schieramento trasversale. Come trapelato nei rumor di corridoio dell’assemblea di Bankitalia, ogni grande socio di Generali nutre un proprio motivo di malcontento. C’è chi rimprovera la bassa performance del titolo che ieri ha chiuso a 8,21 euro, c’è chi si lamenta della spada di Damocle della put da 2,5-3 miliardi su Ppf concessa a Petr Kellner nel 2014 e c’è chi vorrebbe maggiore collegialità come concordato al momento della defenestrazione dell’ex presidente Cesare Geronzi (garante di equilibri che oggi non ci sono più). Ma su un punto tutti sono d’accordo: Perissinotto alla scadenza del suo mandato nel 2013 non sarebbe stato riconfermato e quindi perché perdere un anno di tempo?
Un’altra domanda che ci si potrebbe porre è perché la questione-Perissinotto sia stata messa sul tavolo oggi e non prima. La risposta è semplice: si voleva evitare una vacatio come nel caso della Unicredit post-Profumo o della Rcs pre-Scott Jovane. E poiché la disponibilità di Mario Greco è già stata sondata si è deciso di dare tempo al manager di provenienza esterna di conoscere le Generali dall’interno e predisporre un nuovo business plan che metta in luce la vera missione della compagnia triestina.
Tra oggi e domani molte cose potrebbero accadere.
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