Generali risolve il rebus Ppf e per 1,2 miliardi sale al 76%

Le Generali di Mario Greco risolvono l'incognita «Ppf», la redditizia joint venture con cui il Leone opera nel promettente est Europa. Il riassetto, finito ieri sul tavolo del consiglio di amministrazione del gruppo triestino convocato in fretta e furia a Milano a una settimana dalla presentazione del nuovo piano industriale, dovrebbe vedere Generali rilevare subito da Kellner un altro 25% di Ppf per 1,2-1,3 miliardi, portandosì così al 76% della società. Sul rimanente 24% in mano al finanziere ceco, dovrebbe invece essere stipulata una rinnovata opzione di vendita a prezzi similari ma a fine 2014. Presente al board anche Sergio Erede che assiste la compagnia insieme a Goldman Sachs.
L'operazione da un lato allontana il pericolo per Generali di dover chiedere denaro ai grandi soci per digerire in una sola volta il divorzio da Kellner (la spesa stimata era 2,4-2,5 miliardi a giugno 2014), dall'altro tende la mano alleato ceco da tempo a corto di denaro, liquidandolo in anticipo.
Generali diramerà il comunicato solo questa mattina alle 7.00, probabilmente per permettere alle controparti di recepire l'accordo: sono infatti attese novità anche sul fondo Ppf Beta che possiede il 38% della compagnia russa Ingosstrakh, di cui è azionista Vtb (la banca moscovita di cui l'ex ad del Leone, Giovanni Perissinotto, aveva comprato l'1%). Generali potrebbe quindi avviare la sua campagna di Russia.
Dopo che ilmessaggero.it ha ricostruito i dettagli del riassetto, le sale operative hanno però iniziato a rifare i conti in tasca al Leone. Tra gli analisti è condiviso il pensiero che Greco utilizzerà i soldi raccolti con il recente prestito obbligazionario da 1,25 miliardi a un tasso del 7,75 per cento. Fatte queste premesse Gian Luca Ferrari di Mediobanca promuove la decisione di prendere il definitivo controllo di Ppf perché Trieste avrà un introito aggiuntivo di 90-100 milioni (grazie alla riduzione delle minoranze) rispetto un esborso annuo per gli interessi del bond stimabile in 95. L'operazione, secondo i calcoli di Piazzetta Cuccia, si può considerare «neutrale» sia dal punto di vista dell'utile per azione (o leggermente accrescitivo) sia della solidità patrimoniale delle Generali (la cosiddetta «Solvency»). Certo Trieste resta una delle compagnie assicurative più a leva nel panorama europeo. L'analista di una casa internazionale, che chiede l'anonimato, considera invece il prezzo che si appresterebbe a pagare Generali «generoso, fino a 16 volte gli utili, sicuramente molto di questi tempi». La conclusione dell'esperto è quindi che o Generali riuscirà a vendere le controllate Bsi e Generali Usa a multipli altrettanto tondi o a conti fatti rischierà di non aver fatto un grande affare.


L'anticipo degli accordi con Ppf è legato al fatto che il gruppo di Kellner aveva ricevuto nel 2007 un prestito bancario da 2,1 miliardi con vincoli prestabiliti che sono stati infranti a luglio dopo che Moody's ha declassato Generali a «Baa2». Tecnicamente per Greco non sarebbe scattato alcun automatismo d'acquisto, ma dalla scorsa estate è stata avviata una trattativa con le banche del prestito, che vedono il Crédit Agricole come istituto agente.

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