Generali, test di fuoco per Greco: il nodo Ppf e gli equilibri Rcs-Telco

Generali, test di fuoco per Greco: il nodo Ppf e gli equilibri Rcs-Telco

Un ribaltone che modifica le prospettive gestionali delle Generali, ma che potrebbe riverberarsi - se i tasselli nel medio termine non si incastreranno perfettamente - anche nel «salotto buono» della finanza italiana. Il cambio della guardia tra Giovanni Perissinotto e Mario Greco alla guida del principale gruppo assicurativo italiano non si esaurisce semplicemente in un discorso legato a numeri, programmi e risultati di bilancio.
Certo, oggi - incertezza su Eurolandia permettendo - analisti ed esperti si attendono una prosecuzione del buon rialzo mostrato venerdì scorso quando già l’avvicendamento era prefigurato (+3,35% a 8,49 euro). Proprio perché Greco è chiamato a un’impresa difficile ma che deve necessariamente trovare un suo compimento. E risollevare il Leone da quella quota 13 miliardi di capitalizzazione alla quale da troppo tempo è inchiodata e che ai corsi attuali vale 400 milioni di minusvalenza per Leonardo Del Vecchio e addirittura 900 per il gruppo De Agostini. Non è un caso che i due azionisti - per il tramite di Lorenzo Pellicioli - siano stati determinanti per il cambio del manager.
«Dopo l’uscita di Geronzi, Perissinotto ha avuto carta bianca e un anno di tempo per mettere a posto la questione Ppf, ma non si è fatto niente», spiega una fonte ricordando che la put da 2,5-3 miliardi in scadenza nel 2014 relativa alla joint venture con il finanziere ceco Petr Kellner è la vera chiave di volta di tutta l’architettura finanziaria che Mario Greco dovrà ridisegnare (per Credit Suisse il fabbisogno di capitale si attesterebbe attorno ai 5 miliardi di euro). Altri nodi da sciogliere sono il destino del private banking (impegno criticato dagli azionisti privati) e la mina dei 46 miliardi di Btp in portafoglio che pesano sulle quotazioni.
Non finisce qui. Sarà stato pure un caso, ma nel corso dell’ultima assemblea Perissinotto aveva dichiarato che «Rcs non è il nostro mestiere, la mia idea è che dovremmo uscire dal patto» preannunciando in questo modo non solo l’abbandono del nocciolo duro, ma anche la possibilità di cedere in futuro il 3,7% del Corriere. E forse tra i motivi che hanno indotto Diego Della Valle a sostenere l’ex Group Ceo c’era anche la possibilità di aumentare la propria partecipazione dopo aver perso il 5,1% messo in vendita dai Toti e acquisito da Giuseppe Rotelli, sicuramente più «continuista» rispetto alla linea dello status quo imposta di recente da Fiat e soprattutto dalla Mediobanca di Alberto Nagel. Analogamente l’attenzione prestata dal Corriere di ieri al ricambio triestino cui è stata dedicata l’apertura del quotidiano può essere interpretabile in questo modo.
L’ad di Mediobanca Alberto Nagel, in quanto azionista di riferimento delle Generali, è stato determinante per la sostituzione di Perissinotto. Ma di certo non va trascurato che i principali azionisti di Piazzetta Cuccia hanno appoggiato la scelta, da Unicredit a Pirelli e Pesenti (gli ultimi due anche nell’azionariato di Via Solferino). Insomma, il «salotto buono» confida in Greco. E Greco dovrà sicuramente evitare quelle «invasioni di campo» (tanto su Unipol-Fonsai quanto su un allargamento del libro soci del Leone) che a Perissinotto sono costate care.
Diretta conseguenza di queste premesse è anche l’atteggiamento da tenere in Telco, il veicolo che detiene il 22,5% di Telecom e delle quali Generali controlla il 30,6% (e Mediobanca l’11,6%). Nel 2011 il Leone ci ha «rimesso» 628 milioni di svalutazioni che hanno appesantito la performance del 2011.

E con la ristrutturazione dell’indebitamento della cassaforte è stata chiamata a investire in questi giorni ulteriori 719 milioni. Ma oltre alla finanza conterà salvaguardare anche l’assetto della rete di proprietà del principale operatore tlc italiano, dinanzi a una Cdp in forte espansione. E anche quello della controllata TiMedia.

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