MilanoÈ verosimile? E, domanda ben più cruciale, è vero? Da una manciata di giorni la Procura di Milano si trova a dover dare una risposta all'interrogativo che circonda la svolta nelle indagini sul crac del gruppo Ligresti e sul salvataggio di Fonsai. In mano, il pm Luigi Orsi ha un documento che se fosse autentico chiamerebbe in causa l'istituzione che dell'uscita di scena dell'Ingegnere di Paternò e della fusione di Fonsai in Unipol è stata regista e sponsor: Mediobanca. Due paginette sequestrate da Orsi riportano le clausole di un accordo segreto in cui a Ligresti sembrano venire garantite condizioni assai generose per togliere il disturbo: 45 milioni per la sua quota di Premafin, l'autista, l'ufficio, una cascina, il posto di lavoro garantito ai figli. Ponti d'oro, insomma. Nell'intestazione ci sarebbero i nomi dell'ad di Mediobanca Alberto Nagel, del presidente Renato Pagliaro, del capo azienda di Unicredit Federico Ghizzoni e di quelli di Unipol Carlo Cimbri.
Mediobanca smentisce immediatamente: nessun accordo è stato stipulato; anche Unicredit e Unipol si dicono all'oscuro. Però il giallo è lontano dall'essere chiuso. I fogli ci sono. E sono sbucati dalla cassaforte di una professionista legata all'istituto di via Filodrammatici: Cristina Rossello. Che - come precisa Mediobanca - non ha un ruolo nel dossier Fonsai, ma comunque è da un sacco di tempo la segretaria del patto di sindacato, il salotto buono della creatura di Enrico Cuccia.
La Rossello d'altronde pare essersi battuta strenuamente per evitare che il papello - la cui esistenza sarebbe stata rivelata ai pm da Paolo Ligresti, membro dissidente della dinastia - finisse in mano agli inquirenti. La Rossello si è appellata al segreto professionale. Orsi non è stato tanto a pensarci su: ha chiesto un decreto al giudice preliminare e ha mandato la finanza a aprire la cassaforte dell'avvocatessa. L'accordo, o qualunque altra sia la sua natura, era lì. Ne aveva parlato anche Salvatore Ligresti nel suo interrogatorio della settimana scorsa, riferendo di un incontro con Nagel alla presenza di Cristina Rossello. Se l'incontro c'è stato (e questo Mediobanca non lo smentisce) non si è concluso con stipula dell'accordo, tant'è vero che la firma di Nagel in calce al foglio non figura. Ma, curiosamente, pare non vi figuri neanche la firma di Salvatore Ligresti, che invece al pm Orsi aveva detto di averlo firmato e che altrettanto aveva fatto Nagel. Se quella sequestrata ieri è una copia non firmata, che fine ha fatto (ammesso che sia davvero esistita) la copia autografata?
Il papello - vero, fasullo, semplice appunto - non costituisce di per sè un reato. Ma comprenderne natura e genesi è essenziale per la Procura per capire appieno il lato oscuro della parabola dell'impero Ligresti. L'indagine a carico del fondatore per ora contempla «solo» le accuse di aggiotaggio e ostacolo all'attività degli organi di vigilanza. Ma dopo il fallimento delle due holding Sinergia e Imco, decretato dal tribunale di Milano, una ipotesi di bancarotta fraudolenta è nel novero del possibile se non del probabile. A quel punto, oltre alle dissipazioni compiute dai Ligresti e denunciate un po' tardivamente dal collegio sindacale, andrà chiarito se le banche abbiano avuto qualche responsabilità nell'aggravarsi del dissesto, continuando a finanziare l'Ingegnere anche quando i buchi nei suoi conti erano evidenti. E il fatto che, anche dopo il crac, Ligresti potesse pretendere dai nuovi acquirenti trattamenti di riguardo come quelli indicati nel documento potrebbe essere significativo.
Ieri, intanto, la custode del documento del mistero è tornata a presentarsi in Procura: Cristina Rossello sbuca poco prima di mezzogiorno, in un candido tailleur, dalla stanza del pm Luigi Orsi. Avvocato, ci aiuta a capire questa faccenda dell'accordo? «Non ho niente da dire», è la ovvia risposta. E un «no comment» è l'unico segnale che arriva anche da Salvatore Ligresti e da sua figlia Jonella.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.