Economia

Giappone fermo, l'Abenomics non va

Tokyo rinvia di un anno l'obiettivo "inflazione". In Usa oggi riunione Fed

Giappone fermo, l'Abenomics non va

Davanti a una economia mondiale che fatica a riprendere il passo - ieri sono emerse nuove crepe anche in Giappone - gli occhi degli investitori restano puntati sulle mosse delle banche centrali, dalla Bce di Mario Draghi agli Stati Uniti. Dove questo pomeriggio alle 19 la Federal Reserve comunicherà le sue decisioni di politica monetarie: sebbene un aumento dei tassi entro l'anno è considerato scontato, nessuno si aspetta una stretta immediata (il costo del denaro è fermi dal dicembre 2015 allo 0,25-0,50 per cento.

A consigliare lo status quo sono infatti le ormai prossime elezioni presidenziali per la Casa Bianca. Gli analisti di Jp Morgan fanno poi notare che «sarebbe politicamente pericoloso per la Fed alzare i tassi prima di una elezione molto combattuta». Tanto più che in questo ciclo elettorale è spuntata la «sorpresa d'ottobre», ossia il ritrovamento (annunciato di recente dall'Fbi) di nuove email che potrebbero essere rilevanti per l'inchiesta, che era stata chiusa a luglio senza alcuna incriminazione, sull'uso di un account di posta elettronica e di server privati di Hillary Clinton quando era segretario di Stato. I mercati si interrogano ora sulle reali chance di Donald Trump.

Quanto invece al Giappone ieri la Boj, la banca centrale nipponica, ha rinviato ancora una volta la scadenza per il raggiungimento dell'obiettivo di inflazione del 2%, che slitta di un anno al marzo 2019. Di fatto si tratta dell'ammissione che la strategia dell'«Abenomics» per vincere la deflazione non sta funzionando. Il governatore Haruhiko Kuroda, il cui mandato quinquennale si concluderà a marzo 2018, non riuscirà dunque a centrare il risultato promesso. La sconfitta della deflazione era uno dei pilastri della strategia lanciata dal premier Shinzo Abe nel 2012, basata su allentamento monetario, spesa pubblica e riforme strutturali. Tokyo spera comunque che Janet Yellen le dia indirettamente una mano, alzando i tassi a dicembre.

L'intervento della Fed farebbe salire il dollaro e quindi favorirebbe le esportazioni giapponesi e la crescita dei prezzi delle merci importate.

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