Economia

Il governo di Mario Monti come la macchina del tempo Tornano gli anni Novanta

Preoccupanti gli indicatori economici: consumi e Pil fermi a quindici anni fa. E secondo l'Istat la fiducia dei consumatori è tornata ai livelli del 1996

Il governo di Mario Monti  come la macchina del tempo Tornano gli anni Novanta

C'è un indicatore molto importante che, accanto a quelli tradizionali che misurano l'economia (crescita Pil, disoccupazione, rapporto deficit/pil) aiuta a capire come vanno le cose nel Paese: è la fiducia dei consumatori. A giugno, secondo quanto rileva l'Istat, registra un nuovo calo, scendendo dall'86,5 all'85,3. Il dato peggiore dal gennaio 1996. A incidere è il peggioramento delle attese sull’aumento della disoccupazione (a marzo 9,8%) e la preoccupazione per il futuro scenario economico. Dunque, siamo tornati agli anni Novanta. Nonostante le ricette dei Professori il Paese non ce la fa a risollevarsi, soffocato dalle tasse, dalla troppa burocrazia e dai meccanismi farraginosi della pubblica amministrazione.

Nonostante gli annunci la politica non è riuscita a mettere in cantiere le riforme strutturali necessarie. E l'eccessivo rigore dell'Europa, imposto dalla Merkel, rende molto difficile uscire dalle sabbie mobili. Qualcuno osserva che con i paletti imposti da Berlino e dalla Bce Franklin Delano Roosvelt non avrebbe mai potuto dare vita al New Deal.

Altri due dati sono abbastanza preoccupanti, li ha diffusi ieri Confcommercio: il nostro livello dei consumi è pari a quello di 14 anni fa e il nostro Pil pro capite è fermo al 1999. Che dire poi degli italiani che riusciranno ad andare in vacanza: nel 2010 erano il 79%, oggi il 66%.

Il peso schiacciante delle tasse

Il crollo della fiducia dei consumatori parla di un "dato agghiacciante, che testimonia come il livello raggiunto dagli oneri che pesano sulle spalle delle famiglie, a partire dall’Imu, incidano in maniera negativa sulle condizioni e sulle aspettative di queste ultime". Così Federconsumatori ed Adusbef commentano i dati Istat calcolando come l’aumento della tassazione nel 2012, pari a +1157 euro a famiglia solo in termini diretti, equivalga a ben 2,46 mesi di spesa alimentare di una famiglia media o, in alternativa, a quanto spende una famiglia media in cure per la salute in 5,8 mesi.

Fisco e mancanza crescita

I dati diffusi dall’Istat "non possono purtroppo meravigliare, anche se destano grande preoccupazione", sottolinea Confesercenti: "E' il risultato non solo della lunga recessione, ma anche di un’eccessiva pressione fiscale, che ha compresso i consumi, e della visibile assenza di un piano per tornare a crescere".

Che fare?

Inutile ripetere che serve un energico colpo di coda per evitare di avvitarsi sempre di più nella spirale della crisi. Nessuno ha la bacchetta magica, questo è vero. Ma è necessario evitare almeno di fare errori clamorosi, come sarebbe, ad esempio, l'aumento dell'Iva. Tappare un buco nei conti pubblici porterebbe, come ripercussione, una diminuzione dei consumi reali di circa 40 miliardi (calcolata su tre anni). Sarebbe la mazzata finale. Non ce la possiamo permettere. Poi serve una risposta energica da parte dell'Europa per dare gli stimoli necessari a far ripartire la crescita. Battendo i pugni sul tavolo, se serve. Perché non può essere un Paese solo, sia pure forte, a comandare su tutto il continente.

Ci porterebbe tutti alla rovina.

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