Economia

I big dell'auto sbandano in Brasile

Fca e Gm, costrette ad allungare le ferie ai dipendenti, provano la carta «export». Esuberi per Volkswagen

Da gallina dalle uova d'oro a rebus per gli anni a venire, proprio nel momento in cui grossi gruppi, tra cui Gm e Fca, hanno avviato importanti investimenti: nel primo caso, 3,8 miliardi di dollari serviranno a rafforzare vendite e produzione in Brasile entro il 2019; nel secondo, a fine aprile John Elkann e Sergio Marchionne hanno inaugurato il maxi-impianto nello Stato di Pernambuco (2,2 miliardi di euro) che assembla Jeep Renegade destinate, per ora, al solo grande Paese sudamericano. Proprio il Brasile, insieme alla Russia (due dei Paesi Bric, con Cina e India), secondo l'ultimo studio di AlixPartners su «L'auto del futuro», saranno i principali protagonisti della flessione del mercato da qui al 2021 (-2,6% la stima). E se in Cina la domanda è ormai satura, con la Russia prigioniera di una recessione dalla durata «imprevedibile», il Brasile continua a dibattersi nella crisi, tanto che non si esclude che l'anno possa chiudersi con il peggior calo dal 1998. A incidere sono, soprattuto, il crollo della fiducia dei consumatori e l'aumento dei tassi d'interesse. Per AlixPartners la Cina resta comunque il «motore» della crescita del settore nel mondo, «ancora robusta nonostante la frenata di questo mercato». L'altro «Bric», India, invece, «potrebbe tenere fede alle aspettative di un +7% annuo nel prossimo quinquennio».

Ma a non far dormire sonno tranquilli ai «big» delle quattro ruote è un nuovo problema, rilevato da AlixPartners, che dall'Europa si è spostato minacciosamente soprattutto in Brasile: l'eccesso di capacità produttiva. Le fabbriche, cioè, sono tarate per produrre più di quanto il mercato riesce ad assorbire. Ecco allora Fca concedere, in luglio, una decina di giorni di vacanze supplementari ai dipendenti dello storico stabilimento di Betim (Minas Gerais), allo scopo di adeguare i ritmi di produzione. In ferie forzate, lo scorso giugno, anche 6.200 addetti degli impianti Gm di Gravatai e São dos Campos. Volkswagen, dal canto suo, il 6 luglio ha dichiarato circa 1.800 esuberi a São Bernardo do Campo.

Oltre a ridurre temporaneamente la manodopera, i «big» hanno deciso di ovviare al problema dell'eccesso di capacità portando da tre a due i turni di lavoro, e di approfittare del cambio favorevole (1 dollaro = 3,5 reais) per puntare all'export (il pick-up Estrada di Fca soprattutto in Messico).

Intanto, anche luglio è stato, per l'auto brasiliana, un mese nero: -23% le immatricolazioni tra vetture, bus e camion. Pessimista è Alarico Assumpção Júnior, presidente di Fenabrave (concessionari), che vede nell'anno un calo di circa il 20%. Di diverso parere è invece Luiz Moan, alla guida dell'associazione dei costruttori, Anfavea, il quale stima un secondo semestre migliore o in linea con quello del 2015, proprio grazie al rafforzamento dell'export.

Fiducioso è anche l'ad di Fca, Marchionne, il quale ritiene che il gruppo arriverà a break-even entro l'anno in Brasile, dove ora sta scontando sia la crisi economica sia i costi di start-up dell'impianto di Pernambuco. Da inizio anno Fca, che mantiene sempre la posizione di leader tra i produttori, ha segnato un calo delle vendite del 33,5%, con una quota di mercato del 18,4%, 318 punti base sotto il livello di luglio 2014.

Il gruppo attende comunque con fiducia i primi veri effetti positivi derivanti dal lancio di Renegade, che intanto già figura tra i modelli più richiesti.

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