Economia

I consulenti del lavoro bocciano il Decreto Trasparenza

I consulenti del lavoro bocciano gli oneri aggiuntivi del Decreto Trasparenza e la circolare recente del Ministro Orlando

I consulenti del lavoro bocciano il Decreto Trasparenza

Il Decreto Trasparenza entrato in vigore lo scorso 13 agosto e che regola i rapporti di informazione sul luogo di lavoro tra datori e dipendenti viene bocciato senza appello dai consulenti del lavoro. “Le disposizioni del decreto trasparenza", afferma il presidente dell’Associazione nazionale consulenti del lavoro (Ancl), Dario Montanaro, "sono contraddittorie e incerte e rischiano di offuscare l’attività delle imprese".

Montanaro scende in campo dopo che nella giornata del 21 settembre è stata pubblicata la controversa Circolare n. 19 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, guidato dal dem Andrea Orlando, con l'obiettivo di fornire esplicite indicazioni su diversi specifici profili degli obblighi informativi introdotti dal Decreto Trasparenza in materia di condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili.

La circolare del Ministero in particolare prescrive precisi obblighi di comunicazione sulla programmazione dell’orario normale di lavoro e le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione, nonché le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno, "se il contratto di lavoro prevede un’organizzazione dell’orario di lavoro in tutto o in gran parte prevedibile". Si impone con il Decreto Trasparenza chiarezza sulla concreta articolazione dell’orario di lavoro applicata al dipendente, sulle condizioni dei cambiamenti di turno, sulle modalità e sui limiti di espletamento del lavoro straordinario e sulla relativa retribuzione. Stringenti anche gli obblighi di comunicazione dei congedi retribuiti e la chiarezza informativa.

"Le disposizioni contenute nel provvedimento hanno creato il caos e gli organi preposti non hanno ancora adempiuto a renderlo operativo, per esempio non istituendo la banca dati, che a tutti gli effetti è fantasma”, contesta Montanaro. Il quale nota la principale difficoltà emersa dalla dinamica mutata ai sensi del provvedimento: l'imposizione di sanzioni per le aziende e gli uffici che non si adeguano in tempi stretti al provvedimento.

La sanzione sarà da 100 a 750 euro, per ciascun mese di riferimento, per l’omessa indicazione di informazioni riguardanti i sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati su cui fare riferimento per dare ai lavoratori le informazioni utili, da anticipare tra i sette giorni prima dell'assunzione nella parte base e fondamentale del contratto (retribuzione e orario) e il primo mese di rapporto per le componenti accessorie. Tra queste componenti rientrano specifiche dei sistemi stessi: le categorie di dati e i parametri principali utilizzati per programmare o addestrare i sistemi, inclusi i meccanismi di valutazione delle prestazioni e anche il livello di accuratezza, robustezza e cybersicurezza dei sistemi, nonché le metriche utilizzate per misurare tali parametri e gli impatti potenzialmente discriminatori delle metriche stesse. L’importo, ha notato Il Sole 24 Ore, "aumenta da 400 a 1.500 euro se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori. Se invece la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori la sanzione va da mille a 5mila euro senza possibilità di essere ammesso al pagamento della sanzione ridotta e quindi alla procedura della diffida".

Come Ancl, nota Montanaro, "abbiamo deciso di intervenire attraverso il nostro ufficio legale per tutelare i consulenti del Lavoro associati e le imprese clienti, colpiti dalle sanzioni illegittime del decreto in violazione della direttiva europea, che impone sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive assolutamente non in linea con quanto previsto dal testo normativo italiano, a suo avviso "sproprozionato" nell'imporre le sanzioni

Di "trasparente e chiaro", a detta di Montanaro, c'è ben poco. La colpa principale del decreto è di non fare differenza tra grandi entità e piccole e medie imprese, che devono sobbarcarsi oneri maggiori di adeguamento e notifica delle norme prescritte dal Decreto Trasparenza.

Il quale rischia di aggiungere semplicemente burocrazia a burocrazia in una fase in cui gli imprenditori chiedono, assieme ai lavoratori, snellezza e chiarezza per poter portare avanti nel migliore dei modi le loro attività.

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