Donald Trump è sicuro che il maxi-alleggerimento fiscale sarà interamente finanziato dalla crescita economica. L'andamento del secondo trimestre, con il Pil salito del 3,1%, a un ritmo superiore alle attese, sembra corroborare i convincimenti del presidente Usa. Anche se resta da valutare quale impatto avranno gli uragani, le basi appaiono sufficientemente solide dopo il deludente andamento del periodo gennaio-marzo, quando l'America si era espansa dell'1,4%.
Al netto di un mercato del lavoro ancora troppo sbilanciato sul versante degli occupati precari o sottopagati (e quindi difficile lettura come ammesso qualche giorno fa dalla numero uno della Fed, Janet Yellen), e senza considerare come molti dei titoli quotati a Wall Street abbiano prezzi inflazionati, gli Stati Uniti sono al nono anno di crescita ininterrotta, la terza serie migliore nella storia americana dopo quelle degli anni Sessanta e Novanta. Si può fare di più? Sì, visto che la crescita resta debole: con una media del 2,1% all'anno è la ripresa peggiore dal 1949.
Quanto al second quarter, a fare da traino sono stati gli investimenti aziendali, accompagnati da una riduzione delle scorte. Inoltre, le spese per consumi sono aumentate del 3,3%, (contro il +1,9% dei primi tre mesi dell'anno, ma sotto il +3,5% del quarto trimestre 2016).
Numeri che confermano come la Fed abbia i margini necessari per attuare, il prossimo dicembre, il terzo rialzo dei tassi del 2017, soprattutto ora che la banca centrale Usa ha rottamato l'idea di mantenere le strette monetarie agganciate all'andamento dell'inflazione.RP
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