Poco ci manca, e Mario Draghi verrà accusato di essere un falsario. Un taroccatore seriale di denaro che usa la tipografia della Bce a suo piacimento. Curioso: più si avvicina il cambio al vertice dell'Eurotower, previsto per il primo novembre con l'ingresso di Christine Lagarde, e più si intensificano gli attacchi della Germania all'ex governatore di Bankitalia. L'ultimo è quello sferrato ieri dalle colonne del Financial Times dall'ad di Allianz, Oliver Bate.
Giudizi sferzanti, rafforzati dall'offesa peggiore che si possa rivolgere a un banchiere centrale, quella di non essere indipendente. Draghi non lo è perché «sta rendendo facile alle persone spendere soldi che non hanno. In realtà abbiamo creato banche centrali indipendenti per evitare che le banche centrali stampino denaro». Così facendo, sostiene il capo della maggiore compagnia assicurativa europea, si genera un altro effetto collaterale: la paralisi delle riforme fiscali, accompagnata da una carenza di controllo sullo stato di salute delle finanze pubbliche.
Le parole di Bate danno la misura dell'esasperazione dei tedeschi. Il varo di un nuovo round di quantitative easing corroborato da un taglio dei tassi sui depositi, seppur annacquato con lo strumento del tiering, è stato la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Subito dopo l'ultima riunione della Bce, il numero uno della Bundesbank, Jeans Weidmann, aveva dato la stura al malcontento dell'ala dura accusando Draghi di «aver superato i limiti»; poi c'erano state le dimissioni polemiche, e in anticipo di due anni rispetto alla scadenza del mandato, di Sabine Lautenschläger, componente del consiglio direttivo dell'istituto di Francoforte; nel mentre, la Bild sbatteva in copertina la foto del «Conte Draghila», colui che succhia i risparmi teutonici. Uno modo rozzo, ma efficace, per puntare dritto alla pancia di un Paese infognato nella recessione e che vede il proprio cuore pulsante, la manifattura, a rischio di infarto. E che, forse, comincerà a farsi incantare dalle sirene di Alternative for Deutschland, la cui ultima crociata si chiama ritorno al marco. D'altra parte, senza scendere al livello di becerume della Bild, l'ad di Deutsche Bank Christian Sewing, ha detto la stessa cosa: «I tassi negativi rovinano il sistema finanziario». Ed è ciò che vanno ripetendo in Germania banchieri e assicuratori da quando si sono resi conto che quelle che dovevano essere misura di emergenza contro la carenza di liquidità si sono trasformate in qualcosa di strutturale. Con due effetti negativi: la caduta dei rendimenti dei bond ha finito per complicare la gestione alle compagnie di assicurazione con prodotti nel ramo vita a rendimento garantito; l'azzeramento dei tassi ha prosciugato i margini di redditività delle banche. Al punto che l'ad di Unicredit Jean Pierre Mustier ha proposto, in qualità di presidente dell'Ebe (l'Abi delle banche europee), di trasferire i tassi negativi ai clienti con depositi superiori ai 100mila euro.
Anche se Draghi sembra giocare con la Germania come il gatto col topo, come dimostra la fresca proposta di un bilancio comune nell'eurozona osteggiata da Berlino, il punto è cosa succederà una volta insediatasi Christine Lagarde.
Gli attacchi al quasi uscente presidente Bce sembrano infatti messaggi d'avvertimento per l'ormai ex numero uno del Fmi. E con il board spaccato fra falchi e colombe, la Lagarde sarà chiamata a schierarsi. I primi mesi della sua presidenza chiariranno in quale direzione si muoverà l'Eurotower.
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