Ilva, ora Di Maio minaccia di far saltare la vendita

Arcelor migliora il piano, ma arriva la doccia fredda del Mise: "Avviato l'iter per l'annullamento della gara"

Ilva, ora Di Maio minaccia di far saltare la vendita

Doccia gelata sull'Ilva: la gara con cui la cordata AmInvestco, guidata da Arcelor Mittal, si è aggiudicata il polo siderurgico di Taranto si prepara ad essere annullata. L'annuncio del ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio è arrivato a sorpresa nella tarda serata di ieri: «A seguito delle verifiche interne sul dossier Ilva, e del parere fornito dall'Anac, si ritiene che ci siano i presupposti per avviare un procedimento amministrativo finalizzato all'eventuale annullamento in autotutela del decreto del 5 giugno 2017 di aggiudicazione della gara».

Nella nota del ministero dello Sviluppo si specifica che si tratta di «un procedimento disciplinato per legge - afferma Di Maio - che durerà 30 giorni. Un atto dovuto per accertare i fatti a seguito delle importanti criticità emerse. Ad ogni modo - conclude il ministro -domani (oggi, ndr) incontrerò i vertici di ArcelorMittal per proseguire il confronto sull'aggiornamento della loro proposta». Non una totale chiusura ai soci franco-indiani, dunque, ma senza dubbio un pesante stop alla trattativa che proprio ieri sembrava volgere verso un rapido epilogo.

Nella mattinata di ieri, infatti, Arcelor aveva teso una mano a Taranto annunciando di avere intenzione di migliorare la propria proposta, così come chiesto insistentemente dai sindacati negli ultimi mesi, informando i commissari straordinari dell'Ilva che avrebbe «accettato tutte le richieste sostanziali di ulteriori impegni riguardo il contratto di affitto e acquisto firmato nel giugno 2017». In sostanza, l'azienda di cui è vice presidente Matthieu Jehl, si era detta disponibile a migliorare il piano ambientale e industriale sotto diversi aspetti: secondo fonti vicine al dossier, una «accelerazione dei tempi di alcuni interventi ambientali, dal 2023 al 2020», e «interventi di green economy a Taranto», nonché la possibilità di «un'apertura sull'uso del gas in una fase successiva». Si tratta della possibilità di sperimentare l'impiego parziale di un processo di produzione meno inquinante, basata sull'uso del cosiddetto preridotto di ferro con l'introduzione di forni elettrici, alimentati a gas e non a carbone.

Un'apertura arrivata a pochi giorni da quel parere dell'Autorità anti-corruzione, secondo cui «l'iter della vendita è stato caratterizzato da criticità». Un «asso» nella manica di Di Maio che ora gli consentirà di prendere ulteriore tempo sulla vicenda, alzando il pressing su Arcelor su un secondo fronte cruciale: quello occupazionale. E questo nonostante ArcelorMittal si sia detta desiderosa di mettere in atto il programma di turnaround nel più breve tempo possibile in modo da assicurare un futuro sostenibile per Ilva, i suoi lavoratori, i suoi fornitori, i suoi clienti industriali. Aprendo anche alla possibilità di salvaguardare integralmente i posti di lavoro come chiesto dai sindacati, al netto degli esodi incentivati, alla scadenza del piano nel 2023. A cosa punta dunque Di Maio? Le ipotesi sono due: forzare la mano il più possibile per far sì che la cordata acquirente si faccia carico di un maggior numero di dipendenti (più dei 10mila promessi al momento su 14.

200) o prendere tempo per mettere in campo un piano di nazionalizzazione come nelle iniziali intenzioni pre-elettorali dal M5S. Un'ipotesi che ricalcherebbe la strategia seguita su Alitalia. Resta da vedere, a questo punto, se Arcelor Mittal resterà in partita.

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