«Se alla fine dell’anno si riscontrerà la necessità di rinnovare gli aiuti, il governo non si tirerà indietro e, responsabilmente, esaminerà la questione». Le rassicurazioni arrivate direttamente dal premier Silvio Berlusconi sulla possibile riformulazione, anche nel 2010, degli ecoincentivi fanno tirare un sospiro di sollievo a Fiat e ai costruttori di auto esteri direttamente interessati al sostegno delle vendite. Sergio Marchionne, tra i relatori all’assemblea di Anfia (l’associazione che rappresenta la filiera italiana dell’automotive) che si è svolta ieri a Roma (a rappresentare il governo erano il ministro all’Istruzione, Mariastella Gelmini, e il sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia), ha definito «incoraggianti» le parole di Berlusconi, e si è detto pronto «a lavorare con il sistema per trovare una soluzione al problema per il 2010 e il 2011».
«Questi incentivi ai consumi - ha aggiunto l’ad di Fiat - dovranno essere assicurati almeno per due anni, attraverso una via d’uscita morbida; un taglio netto farebbe ripiombare la domanda nel baratro». Marchionne, alla vigilia dell’appuntamento romano, aveva lanciato l’ennesimo allarme, sollecitando il governo a dare una prima risposta ufficiale e ad allargare anche ai veicoli commerciali i benefici della «Tremonti ter». Per il top manager il mancato rinnovo dei bonus nel 2010 causerebbe, infatti, la diminuzione delle vendite di vetture e la conseguente riduzione della produzione. Da qui il rischio di chiudere le fabbriche. Anche il presidente del Lingotto, Luca di Montezemolo, ha sottolineato che il contributo serve «a evitare problemi occupazionali». Secondo Fiat le vendite, in Italia, scenderebbero sotto i 2 milioni, con 600mila veicoli in meno rispetto al 2007. Marchionne ha colto l’occasione dell’annuale incontro con l’associazione presieduta da Eugenio Razelli - il quale è anche responsabile di Magneti Marelli nonché componente del Gec, il comitato dei manager più vicini all’ad di Fiat - per togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Eccolo allora puntare l’indice contro alcune iniziative comunitarie, come la proposta di regolamento sulle emissioni CO2 dei furgoni, «un’assurdità» (prevede una riduzione delle emissioni dello 0,00014%) che ricalca le norme altrettanto criticate da Fiat sulle auto, per le quali l’industria europea ha speso 45 miliardi a fronte di un taglio delle emissioni dello 0,0015%. Ma c’è anche il negoziato sul libero scambio tra Ue e Corea, un accordo che, tuona Marchionne, «se fosse applicato avrebbe effetti devastanti su tutti i costruttori». Altro punto dolente sono gli aiuti al settore nei vari Paesi europei, con il caso Opel, in cima alla lista. Fiat chiede ancora una volta che vi sia «una vera politica comune nell’Ue» affinché i vantaggi, evidenti, delle misure di sostegno al mercato dell’auto non diventino occasione di concorrenza sleale. «Noi - lamenta - non possiamo affrontare un mercato in cui l’Europa ha lasciato che gli Stati intervenissero in maniera diversa l’uno dall’altro (i finanziamenti di Berlino a Opel, ndr). In ogni caso Fiat ha saputo reagire bene di fronte all’imprevisto della crisi e l’andamento economico è in linea con le previsioni».
Per il top manager, comunque, nonostante i segnali di miglioramento, «il mercato non è ancora in grado di camminare sulle proprie gambe».
Infine Chrysler.
È invece ormai certo che linee di montaggio Bertone usciranno le vetture con i marchi Usa destinate all’Europa.
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