L a partita è ricominciata e questa volta il sistema finanziario italiano spera di uscirne con un risultato positivo. Gli ispettori del Fondo Monetario Internazionale hanno infatti iniziato la loro missione italiana nell'ambito del Financial sector assessment program (Fsap), il programma di valutazione dello stato di salute di banche e imprese. Si riparte dal disdicevole report sui Financial soundness indicators (indicatori di solidità finanziaria) della scorsa primavera che hanno visto gli istituti di credito italiani piazzarsi dietro quelli spagnoli per crediti dubbi (10,7% del totale contro 8,5%).
Ed è proprio terreno che l'incontro è destinato a farsi «caldo». Anche se non si tratterà di veri e propri stress test, è sulla base di queste risultanze che l'Eba si formeranno un'opinione in base alla quale chiedere (o meno) rafforzamenti patrimoniali. Finora la missione ha affrontato argomenti interlocutori. La scorsa settimana è stata incontrata la Consob per fare il punto sul sistema sanzionatorio e sull'attività nel 2012. Da ieri il team inviato da Washington è al lavoro a Milano. In agenda una visita a Borsa Italiana, ma soprattutto confronti con i principali istituti di credito del Paese, a partire da Unicredit, l'unica G-Sifi (istituto di rilevanza globale) italiana. Previsti anche faccia a faccia con altre grandi banche come Ubi Banca e Bpm, mentre il Banco è stato «visitato» a fine 2012. Saranno gli istituti a preparare il terreno per il confronto di settimana prossima a Roma con l'Abi di Giuseppe Mussari (nella foto) e con Bankitalia.
Come anticipato dal direttore generale Abi, Giovanni Sabatini, a fine novembre questa volta non si lascerà nulla di intentato. Le banche italiane, infatti, sulla base della regolamentazione di Bankitalia sono obbligate a registrare come «crediti dubbi» non solo le sofferenze (inadempienze superiori a 6 mesi), ma anche gli incagli (inadempienze inferiori a 6 mesi) e i crediti scaduti e ristrutturati. E, di conseguenza, devono predisporre adeguati accantonamenti che ne limitano la libertà di manovra a livello patrimoniale, ma che, tuttavia, ne fanno un complesso solido rispetto alla concorrenza spagnola e francese. Qui dovrebbe concentrarsi la dialettica dell'Abi. La sola dinamica delle sofferenze (121, 8 miliardi a novembre, +16,8% annuo) spiega solo il rallentamento del ciclo economico, ma se si guarda alle sofferenze al netto delle svalutazioni (62,2 miliardi, 3,23% degli impieghi totali), si nota già come il trattamento sia stato rigoroso.
Bankitalia ricorderà al Fondo la sua duplice attività su questo fronte: non solo con la richiesta di un maggiore buffer di capitale per gli accantonamenti ma anche con l'avvio di una serie di ispezioni mirate a verificare l'osservanza delle regole. Stavolta, gli ispettori di Washington (che concluderanno il loro lavoro a marzo) dovranno riconoscere la «particolarità» italiana. La linea del Piave è già tracciata...