Economia

Inps, Renzi già stanco di Boeri: commissario da commissariare

Faccia a faccia sulle pensioni tra il presidente dell'ente e il premier: nessuna intesa su ricalcolo e flessibilità in uscita. Il governo ripensa la "governance" dell'istituto

Inps, Renzi già stanco di Boeri: commissario da commissariare

Prima un faccia a faccia con il premier Matteo Renzi. Ieri sera un altro giro con i ministri competenti, Pier Carlo Padoan e Giuliano Poletti, per fare la fotografia dell'esistente e abbozzare la proposta di riforma delle pensioni targata Inps.

Il presidente dell'istituto nazionale di previdenza Tito Boeri prova a stringere sul piano pensioni che aveva annunciato per fine giugno. Tempi rispettati, ma per il momento l'economista messo da Renzi a capo della previdenza italiana non raccoglie troppi consensi nell'esecutivo. Nemmeno nelle stanze di Palazzo Chigi dove è stata decisa la sua nomina. Un po' perché il governo è già molto impegnato con il caso greco e le inevitabili ricadute sui conti pubblici italiani; un po' perché l'esecutivo sta vedendo per la prima volta sondaggi negativi. E decidere una riforma che penalizza la maggioranza dei pensionati, non è la ricetta migliore per risalire nei consensi.

La proposta Boeri al momento consiste in un ventaglio di proposte. C'è il famoso ricalcolo con il metodo contributivo delle pensioni in essere, concentrando la penalizzazioni sulle rendite più alte (che rischiano di essere i trattamenti sui 3mila euro lordi mensili). La reintroduzione della flessibilità in uscita, con forti penalizzazioni. Tra le ipotesi allo studio, sistemi differenziati per le diverse gestioni Inps, facendo pagare quelle in passivo, cioè le categorie di lavoratori i cui pensionati prendono rendite troppo alte rispetto ai contributi che stanno versando i lavoratori attivi. Trattamento di favore, quindi per i dipendenti privati e i parasubordinati, le cui gestioni sono costantemente in nero, male per artigiani e dirigenti di azienda, in rosso cronico. Tutte scelte pesanti dal punto di vista politico.

Ma qualcosa sul fronte previdenziale va fatto. I rumors di Palazzo descrivono un premier non troppo convinto dal presidente Inps Boeri. E per questo intenzionato ad accelerare sul tema della governance dell'istituto. In sintesi, l'Inps è retta, dal 2008, con il quarto governo Berlusconi, da un commissario. Da Monti in poi tutti gli esecutivi hanno provato a reintrodurre il Consiglio di amministrazione. La giusta «gestione collegiale», secondo alcuni. Un modo per ridare potere a partiti e sindacati nell'ente economico più importante del Paese, secondo altri.

Non è un caso che proprio dalle organizzazioni dei lavoratori, Cgil-Fp in testa, siano arrivate pressioni a fare la riforma. Lo stesso Boeri su questo fronte non sembra volere fare resistenze. «Vorrei essere un po' meno proprietario, è da mesi che spingo che si faccia una riforma», ha assicurato giorni fa. Ma la trasformazione della sua carica da commissario a presidente del Consiglio di amministrazione, non può che tradursi in una riduzione della sua capacità di incidere. E quindi, con tutta probabilità, farebbe scendere le quotazioni di una riforma Boeri-doc, sgradita alla maggioranza politica e ai sindacati. Facile immaginare, che Renzi sfrutterà la riforma che è nel cassetto da almeno tre anni, per rafforzarsi anche dentro l'Inps. Per commissariare il commissario.

Che fine farà, in questo contesto, la riforma della riforma Fornero è difficile da capire. Resta in campo la proposta di Cesare Damiano e Pier Paolo Baretta, che prevede la flessibilità in uscita con penalizzazioni lievi. Che è alternativa al pacchetto Boeri. «Se si intende l'adozione di un criterio di flessibilità per il quale mi sono battuto da più di tre anni - spiega Damiano - ma con l'assegno pensionistico tutto ricalcolato con il sistema contributivo, non sono d'accordo con Boeri. È una modalità scoraggiante. Significa tagliare del 30 per cento l'assegno pensionistico». Uno scenario che piace a pochi.

Per niente a Renzi, per una volta d'accordo con la sinistra del Pd.

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