Intesa Sanpaolo non applicherà tassi negativi ai clienti perché «i tassi di interesse bassi sono favorevoli alla nostra attività di wealth management, così come lo spread in calo. Tutti i nostri gestori stanno lavorando per trasformare i depositi in risparmio gestito».
Con questa risposta data agli analisti, durante la conferenza telefonica per la presentazione dei conti trimestrali, l'ad Carlo Messina prende posizione nel dibattito su chi debba pagare i costi della politica monetaria, aperto in Italia dalla concorrente Unicredit che dal 2020 farà pagare i depositanti sopra il milione di euro. Messina non intende dunque seguire la strada di Jean Pierre Mustier. E aumenta gli sforzi per spingere la massa dei depositi sempre più verso il risparmio gestito e prodotti anche diversi da quelli tradizionali. La rete, ovviamente, giocherà una parte fondamentale in questa partita.
«La divisione del gruppo dedicata all'asset management sta lavorando intensamente per convertire in risparmio gestito i circa 240 miliardi di risparmi degli italiani presenti nei nostri conti sotto forma di risparmio amministrato e depositi a vista», ha sottolineato il banchiere. Aggiungendo che i primi risultati positivi sono già visibili nel terzo trimestre archiviato con oltre 1 miliardo di utile, rispetto agli 833 milioni dello stesso periodo dell'anno scorso, sopra le attese degli analisti.
Nei primi nove mesi dell'anno il profitti netti si sono invece attestati a 3,31 miliardi, in crescita del 9,9% rispetto allo stesso periodo del 2018. Si tratta, ha sottolineato l'ad, del miglior risultato dal 2008 «grazie ad una solida performance nelle attività core» che ha consentito al gruppo di raggiungere già l'82% del risultato netto dell'intero 2018 (era stato pari a 4 miliardi) e di confermare una distribuzione di cedole generose ai soci. Il payout resta all'80% e Messina non esclude acconti sul dividendo: «È un punto che stiamo provando ad analizzare in maggior dettaglio. Potrebbe essere un'opzione, ma stiamo ancora valutando», ha risposto ieri a un analista. Mentre qualche broker, come Intermonte, scommette su una cedola più alta a fine anno. Oltre a premere l'acceleratore sul risparmio gestito, Intesa migliora i conti delle attività assicurative (in particolare nel ramo Danni) con un risultato di 876 milioni rispetto a 846 milioni dei primi nove mesi 2018. Ma la banca vuol confermare anche il supporto all'economia reale che ha visto circa 39 miliardi di nuovo credito a medio-lungo termine nei primi nove mesi 2019, con circa 32 miliardi in Italia, di cui circa 26 miliardi erogati a famiglie e piccole e medie imprese; circa 15mila aziende italiane riportate in bonis da posizioni di credito deteriorato nei primi nove mesi 2019 e circa 108.000 dal 2014.
Sul fronte della pulizia di bilancio, nei nove mesi Intesa ha ridotto i crediti deteriorati, al lordo delle rettifiche di valore, di circa 5 miliardi e di circa 33 miliardi dal settembre 2015. Lo stock di sofferenze scende così a settembre 2019, rispetto a dicembre 2018, del 13,9% al netto delle rettifiche. «Al livello più basso dal 2009 e senza alcun costo per i nostri azionisti», ha detto Messina.
Dalla creazione di Intesa Sanpaolo, ha poi aggiunto, non era mai «accaduto che nei primi nove mesi dell'anno si registrasse un flusso di crediti deteriorati così basso».Il mercato approva la trimestrale: in Piazza Affari il titolo Intesa ha chiuso la seduta di ieri con un rialzo dell'1,47% a 2,34 euro. Nell'ultimo mese le azioni hanno guadagnato l'11,6 per cento.
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