Intesa e Unicredit, conti salvati dalla Bce

Stime sui profitti in crescita grazie alle aste dell’Eurotower e alle plusvalenze sui buy-back dei bond

Intesa e Unicredit, conti salvati dalla Bce

«Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare». La celebre battuta di John Belushi si attaglia bene alla partita di Intesa e di Unicredit, le due big che nei prossimi dieci giorni renderanno noti i risultati del primo trimestre (Piazza Cordusio il 10 maggio, Ca’ de Sass il 15). Si tratta del primo vero esame del nuovo corso targato Federico Ghizzoni ed Enrico Tomaso Cucchiani che potranno dimostrare l’efficacia delle proprie azioni senza il fardello delle svalutazioni del goodwill.
Ma cosa ha caratterizzato i primi tre mesi del 2012? In primo luogo si sentiranno i benefici delle due aste della Bce (Ltro) che hanno consentito a Intesa e Unicredit di ottenere liquidità rispettivamente per 36 e 26 miliardi. In secondo luogo tutte e due hanno effettuato buy-back su bond ibridi (1,22 miliardi per l’istituto guidato da Cucchiani con plusvalenza di 180 milioni; 1,33 miliardi per Ghizzoni & C. con plusvalenza di oltre 530 milioni). E proprio i riacquisti, secondo il mercato, spingeranno i risultati.
Il consensus di Unicredit stima un utile di 805 milioni nel primo trimestre, mentre per Intesa ieri è stata Bereneberg Bank ad aggiornare le proprie stime prevedendo un profitto netto di 786 milioni con un incremento del 19% anno su anno. Quasi tutte le maggiori case d’affari hanno giudizi positivi sulle due «grandi» visto il basso price-to-book-value: non solo Berenberg è «buy», ma anche Equita e Deutsche Bank, mentre Mediobanca ha un outperform su Unicredit ed è un po’ più prudente su Intesa in attesa della trimestrale.
È nella top line che i broker vedono qualche pericolo. La recessione, infatti, è il grande nemico. Quest’anno il pil dovrebbe calare dell’1,2% secondo il Def del governo, la disoccupazione si avvicina al 10% e i prezzi degli immobili stanno calando. Per questo motivo, gli analisti stanno tagliando le stime di utili dell’8-10%. Ma la crisi si sentirà soprattutto nei margini. Sempre secondo Berenberg, gli accantonamenti su crediti dovrebbero attestarsi a 922 milioni per Intesa e a 1,6 miliardi per Unicredit (1,5 miliardi il consensus). La recessione appesantirà il margine di intermediazione (difficile vendere prodotti e fare nuovo credito ancora di più per Unicredit che a inizio anno ha impiegato la rete con il maxiaumento da 7,5 miliardi). Di qui l’importanza del Ltro che, a detta di Cucchiani, garantirà 500 milioni quest’anno a Intesa. E che sosterrà il margine di interesse di Unicredit, visto stabile a 1,98 miliardi nel trimestre.
Il discorso, tuttavia, è lievemente complicato dal carry trade. I prestiti della Bce all’1% sono stati utilizzati in parte (il grosso è andato al riacquisto di propri bond) per acquistare titoli di Stato italiani che garantiscono un 3-4%. Questo sicuramente farà lievitare i profitti da trading (oltre 500 milioni previsti per Intesa, oltre un miliardo per Unicredit) ma manterrà nei portafogli un’esposizione al debito pubblico italiano nell’ordine dei 45 miliardi per Cucchiani e dei 35 per Ghizzoni. «Avrebbero potuto ridurre l’esposizione considerato che il mercato teme lo spread», spiega Fabrizio Bernardi di Fidentiis. Gli analisti hanno pure qualche timore sui mutui (a privati e imprese) che si concentrano soprattutto sul vantaggioso tasso variabile e in caso di rialzo dei tassi si potrebbero trasformare in sofferenze.

C’è poi chi pensa, come Barclays, che le grandi banche non facciano abbastanza marketing allo sportello. E c’è chi come Mediobanca dà la colpa di tutto al draconiano fiscal compact e per questo incalza Palazzo Chigi. Forse Monti ascolterà.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica