Intesa fa il pieno di utili e promette super cedole

Profitti a quota 720 milioni grazie ai margini, ma non si fermano i crediti deteriorati. Messina: «Già accantonati 500 milioni per i dividendi»

Intesa Sanpaolo nei primi sei mesi dell'anno ha macinato 8,56 miliardi di ricavi (+4,7%)e 720 milioni di utili, di cui 217 milioni (+87%) tra marzo e giugno. Ê quasi il doppio di quanto si attendessero gli analisti (128 milioni il consensus), che l'ad Carlo Messina ha poi convinto, rimarcando di aver già messo da parte 500 milioni del miliardo complessivo che Intesa vuole trasformare in dividendi a fine anno. In Piazza Affari il titolo ha così chiuso in progresso dell'1,2% tra scambi intensi. Il «copione» non è molto distante da quello utilizzato giovedì dalle Generali di Mario Greco che, terminato il rilancio finanziario, ha promesso che il Leone avrà un pay-out (e quindi cedole) più generoso. In sostanza sia i grandi soci di Intesa sia quelli di Generali saranno accontentati.

Entrambi i gruppi appaiono, tuttavia, come sospesi in un periodo di «assestamento», che per la banca milanese corrisponde all'esito degli esami europei. Perché soltanto una volta fatti i conti con Eba e Bce, Intesa, che pure appare tra le banche più solide d'Europa (12,9% il Cet), avrà chiaro quanto denaro avrà in cassa (10 miliardi il capitale in eccesso). E quindi potrà pensare ad eventuali acquisizioni: ieri Messina ha ammesso il proprio amore per il private banking. Il gruppo è nelle «migliori condizioni per uscire vincente» dagli stress test, ha scandito il top manager rimarcando che il semestre è «pienamente in linea» con il piano industriale. In crescita sia le commissioni sia la gestione operativa (+19%); senza l'imposta retroattiva del governo Renzi sulla plusvalenza ottenuta nel 2013 sulle quote Bankitalia, l'utile sarebbe stato 1,15 miliadi. Il piano poggia su diverse operazioni tra cui Banca 5, pensata per andare a caccia dei clienti «dormienti» e usare addetti altrimenti in eccesso per il dimagrimento della rete: la banca ha chiuso altre 205 filiali e ne conta ora 4.700. Sotto controllo gli oneri (il cost/income è al 48,2%) mentre resta pesante il fardello dei crediti deteriorati: 32,18 miliardi (+3,9% rispetto a fine 2013, pur in crescita meno violenta rispetto al passato). Messina pensa comunque di firmare entro dicembre l'alleanza con Unicredit e Kkr e che il mercato immobiliare italiano ripartirà. E quindi, all'opposto dei concorrenti, non vuole disfarsi dei relativi portafogli. Accantonamenti e rettifiche sono stati in tutto 2,2 miliardi (-11,5%). Così come, malgrado l'impatto negativo (65 milioni) rimediato dalla controllata Cib Bank a causa della nuova legislazione sui mutui, Ca'de Sass conferma l'impegno in Ungheria come Paese «strategico».

A livello di business unit bene sia il retail Italia (+85%) sia Fideuram, così come hanno spinto gli utili la controllata Banca Imi (+30,5% a 353 milioni) e le banche estere (+80%). Ca' de Sass si sta poi parzialmente «sganciando» dai Bot e dai Btp, per diversificare sulle più solide Francia e Germania.

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