La nuova Intesa Sanpaolo di Carlo Messina promette di essere il laboratorio da uscirà il modello di banca del futuro. Accanto alla conferma che tutte le «partecipazioni-salottiere» (Rcs, Telco-Telecom, Alitalia) saranno smantellate da qui a tre anni per concentrarsi sul core business bancario (con 170 miliardi di impieghi), il nuovo piano industriale prevede per gli addetti nuove mansioni.
Al punto che subito dopo aver deciso la chiusura di ulteriori 400 filiali (800 in tutto) e calcolato 4.500 lavoratori in eccesso, Messina ha deciso di riqualificarli, «ingaggiandone» 3mila che nella veste di «gestori» vadano a caccia di 5 milioni di clienti del gruppo ora non redditizi. L'iniziativa, battezzata «Banca 5» e inserita nella Banca dei Territori, è solo uno dei segnali della nuova Intesa «multicanale»: la maggior parte dei 4.500 addetti da ricollocare deriva dalla semplificazione organizzativa (2.300 persone) e dalla razionalizzazione del presidio territoriale (1.000). Insomma le filiali saranno sempre meno centrali (in Italia scenderanno a 3.300 entro il 2017) e quindi il personale, soprattutto quello con maggiore esperienza, dovrebbe andare a caccia di redditività. Un'idea forte anche in seno all'Abi, dove a guidare le trattative con i sindacati per il rinnovo del contratto nazionale è lo stesso direttore operativo di Intesa, Francesco Micheli. Non per nulla ieri mattina alle 9 il banchiere ha chiamato a raccolta le sigle di Ca de' Sass negli uffici di Piazza Cardinal Ferrari, anticipando il messaggio che il mantenimento dell'occupazione assicurata da Messina è sostenibile solo in cambio della rinuncia ad ulteriori aumenti salariali (entro giugno Intesa deve ridiscutere gli inquadramenti), perché già così gli automatismi e gli scatti erodono gran parte dei risparmi ottenibili. Non solo: se le riqualificazioni non porteranno i risultati sperati, nel 2015 tornerebbe in campo il fondo esuberi per i prepensionamenti. Una posizione in parte tattica, che traduce la posizione tenuta dall'Abi nelle trttattiva in corso sul contratto di categoria, rispetto alle richieste sindacali di salvare gli attuali inquadramenti, di recuperare l'inflazione e di «monetizzare» la riqualificazione.
La stessa «Banca 5» di Intesa (che vuole spingere altrettanti prodotti chiave, dalle carte di credito a fondi, polizze) potrebbe essere una soluzione da «esportare». Così come il piano di Messina è tra i primi a prevedere in filiale «servizi di biglietteria, viaggi e intermediazione immobiliare». Saranno poi creati alcuni poli dedicati al private (tra Intesa Sanpaolo Private Banking e Fideuram), all'asset management (si avvicineranno Eurizon e Fideuram Investimenti) e alle assicurazioni, tutti aperti a possibili partner. Così come prende forma una «bad bank» interna volta a ridurre da 46 a 23 miliardi gli asset non strategiche e a recuperare 8 miliardi di sofferenze (su uno stock iniziale di 27 miliardi). Malgrado abbia 8 miliardi cassa in eccesso rispetto a Basilea 3, Messina ha confermato che il gruppo non farà alcuno shopping in Italia, e al momento non ci sono dossier aperti neppure all'estero.
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