Economia

Il sistema pensionistico italiano esisterà ancora fra 20 anni?

Il sistema pensionistico italiano esisterà ancora fra 20 anni?

"Negli ultimi tempi siamo oramai bombardati da notizie tutt’altro che rosee sullo stato di salute del sistema pensionistico in Italia. Le condizioni a dir poco precarie delle casse dell’Istituto Nazionale Previdenza Sociale (Inps) sono note a tutti i cittadini e lo scenario che si prospetta ha profetizzato più volte la inevitabilità di una spesa pensionistica destinata a esplodere nei prossimi 20 anni. I fattori che mettono in crisi il sistema pensionistico italiano sono davvero molteplici ed eterogenei, ma cerchiamo di fare un po’ di chiarezza analizzando le principali cause della cosiddetta “bomba” pensioni, pronta a deflagare nei prossimi anni.

La principale fragilità della previdenza sociale risiede proprio nel costo complessivo del intero sistema, che non risulta essere più sostenibile. Secondo alcune proiezioni fatte dallo stesso Istituto, l’accumulo di diversi elementi nello stesso lasso di tempo potrebbere mettere a serio rischio la continuità del intero sistema. Infatti, la spesa pensionistica potrebbe salire fino al 20% del Pil da qui al 2040. Come riportato anche da il quotidiano economico Il Sole 24 Ore, basterebbe solamente riflettere sul fatto che all’interno del sistema di previdenza italiano, il fondo pensioni lavoratori dipendenti (Fpld) rappresenta circa il 45% dell’intera spesa pensionistica e nel 2019 ha visto il pagamento di 8,6 milioni di pensioni al valore nominale medio di 14.700 euro lordi l’anno, per un totale di quasi 143 miliardi. Tuttavia, il dato preoccupante riguarda il futuro, ovvero il 2039. Si stima infatti che le pensioni in pagamento potrebbero raggiungere quota 9,3 milioni con un assegno medio annuale pari a 27 mila euro, che ammonterebbero a una spesa totale di oltre 296 miliardi di euro, solamente per il Fpld. Ad aggravare su questa futura situazione sarebbe il numero di pensionati in esponenziale aumento (5 milioni in più rispetto al 2019), con una conseguente inversa riduzione del numero delle persone in età di lavoro. Solamente nel 2019, i trasferimenti dallo Stato all’Inps hanno registrato un +10,6% rispetto al 2018, toccando quota 117,7 miliardi di euro. L’insostenibilità del sistema pensionistico statale è facile da capire.

Ulteriori fattori che contribuiscono ad affossare le riserve dell’Inps sono: il minor gettito di contributi da parte dei lavoratori (in particolare gli autonomi), l’alto tasso di disoccupazione in Italia, il costante calo demografico causato dall’inarrestabile declino delle nascite, e il saldo positivo tra emigrazione ed immigrazione, che registra il continuo esodo degli italiani laureati e non all’estero in cerca di un’occupazione. A tutti i cittadini italiani non rimane che una soluzione: iniziare a pensare in prima persona alla propria pensione, investendo i propri risparmi in soluzioni finanziarie che permettano di aumentare il capitale nel tempo e proteggerlo. La creazione della tanto discussa pensione complementare sembra davvero essere necessaria. Difficilmente i cittadini potranno contare su un’ipotetica pensione statale soddisfacente, e con il buon auspicio di avere qualcosa dalle casse dell’Inps in futuro, forse ci si dovrà accontentare al massimo di un 50% dell’attuale stipendio (prendendo in considerazione il sistema contributivo, introdotto con la riforma Fornero del 2011, e un reddito annuo lordo di circa 30 mila euro).

Le soluzioni che si possono adottare per crearsi un fondo pensione integrativo sono fondamentalmente 4, e queste prevedono l’investimento in: fondi pensione chiusi (riservati solo a un numero limitato di persone come i lavoratori appartenenti a una certa categoria); fondi pensione aperti (dedicati a tutti i lavoratori dipendenti o autonomi); piani individuali pensionistici (particolare tipi di fondo pensione sotto forma di assicurazione sulla vita); piani di accumulo di capitale (piano di risparmio flessibile anche per giovani in cui investire in fondi comuni anche con piccoli importi). Proprio per venire incontro alle future esigenze dei risparmiatori italiani, la società di gestione del risparmio Moneyfarm ha creato un piano di accumulo (Pac) in Etf, accessibile a tutti grazie a versamenti mensili a partire da 100 euro/mese. I vantaggi competititvi di investire in Pac sono la flessibilità e i costi ridotti, e in generale la loro efficienza anche sul piano dei rendimenti, rappresentando in tal modo una valida alternativa a Fondi pensione e piani individuali pensionistici. Con il piano di accumulo in Etf di Moneyfarm non esistono costi di entrata né di uscita e, rispetto alle soluzioni di previdenza integrativa al momento disponibili, il contribuente detiene il pieno controllo sui propri soldi dal momento che può disinvestire quando vuole senza sottostare a scadenze o pagare penali. Inoltre, Il Pac può essere associato a tutti i portafogli di gestione patrimoniale offerti da Moneyfarm, incrementando mensilmente l’investimento iniziale e continuando a beneficiare di tutti i vantaggi delle strategie di investimento della gestione patrimoniale della Sgr milanese.

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