L’Antitrust attacca: sui conti correnti clienti poco tutelati

Catricalà: va rivista la norma che consente la modifica dei contratti senza avvisare i clienti. Scarso il tempo concesso per la rescissione

da Milano

Il primo avviso alle banche l’aveva mandato alla fine di marzo, parlando davanti a una platea di studenti della Luiss. Adesso, il presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà è passato dalle parole ai fatti, con l’invio di una segnalazione ad ampio spettro (governo, Parlamento, Bankitalia e Cicr) in cui chiede la revisione di una norma: ovvero, dell’articolo 118 del Testo Unico Bancario, quello che consente agli istituti di modificare le condizioni contrattuali dei conti correnti senza avvisare direttamente la clientela. Per legge, è infatti sufficiente pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale i cambiamenti apportati.
Così non va, sottolinea Catricalà, nella nota in quadruplice copia. In cui si evidenziano i punti problematici da rimuovere. Punto primo: l’Autorità lamenta la scarsa tutela nei confronti dei risparmiatori, ai quali riesce difficile esercitare l’eventuale rescissione del contratto sia a causa del mezzo di comunicazione adottato dalle banche (la Gazzetta Ufficiale, appunto), sia per il tempo assai scarso (15 giorni) entro il quale è consentito esercitare tale diritto.
Di fatto, questa limitazione temporale costituisce un impedimento alla clientela a ricercare condizioni di offerta alternative e con costi contenuti. Soprattutto se si considera che molti clienti sono legati a doppio filo alla banca, per esempio attraverso la domiciliazione delle bollette, la carta di credito, i mutui o i finanziamenti. Punto secondo: al momento, risulta impossibile al correntista fare affidamento su un contratto con condizioni contrattuali con una durata minima nota. Al contrario, rileva l’organismo guidato da Catricalà, «la molteplicità delle variazioni unilaterali comunicate dalle banche crea uno stato di incertezza sulla permanenza delle condizioni contrattuali prescelte che disincentiva la ricerca e il passaggio a migliori offerte alternative, che potrebbero anch’esse non essere durature». Punto terzo: la difficoltà da parte della clientela di comprendere il “peso” sulla spesa complessiva del conto corrente provocato dalle variazioni al contratto.
Insomma, troppi ostacoli. Tant’è vero che, in base ai risultati di un’indagine conoscitiva, è assolutamente «marginale» il numero dei risparmiatori che nell’ultimo biennio ha esercitato il diritto di recesso. Non solo. L’attuale normativa, che secondo l’Antitrust non trova riscontri a livello internazionale, sta di fatto esercitando un freno «allo sviluppo concorrenziale del mercato dei servizi bancari» e consente alle banche di detenere «un potere di mercato tale da poter praticare condizioni di offerta peggiori di quelle che si realizzerebbero in presenza di una dinamica competitiva».


Già qualche mese fa, il presidente dell’Abi, Maurizio Sella, aveva replicato ai rilievi di Catricalà dicendosi stupito del fatto che «si consideri un abuso il comportamento che rispetta una norma emanata dal legislatore nel 1993 anche per ridurre i costi delle comunicazioni tra banche e clienti». L’Adusbef è però già partita al contrattacco, annunciando l’intenzione di avviare azioni civili contro le banche per ottenere «un equo risarcimento».

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