El rescate. Il salvataggio delle banche spagnole è una realtà. Ieri una riunione straordinaria dell’Eurogruppo in conferenzce call ha recepito l’intenzione di Madrid di presentare una «richiesta formale di prestito» che sarà accettata e gestita attraverso il fondo salva-Stati (Efsf e il suo successore Esm) per un «importo fino a 100 miliardi di euro».
Quella che fino a pochi giorni fa era solo un’ipotesi nel corso di una giornata intensa è diventata realtà. Ma per comprendere come l’orgogliosa Madrid del premier Mariano Rajoy abbia alla fine deciso di appigliarsi alla ciambella di salvataggio europea bisogna passare in rassegna i fatti.
Il capo del governo e il suo ministro delle Finanze Luis de Guindos avevano già da tempo iniziato una revisione contabile del patrimonio delle periclitanti banche iberiche (la nazionalizzazione da oltre 10 miliardi di Bankia è stata solo la punta dell’iceberg) affidandosi a società di consulenza con lo scopo di chiedere sostegno a Bruxelles. Ma il Fondo Monetario Internazionale guidato dal direttore generale Christine Lagarde li ha battuti sul tempo. Ieri mattina Washington ha reso noto che «le banche spagnole hanno bisogno di almeno 40 miliardi di euro in aiuti per la ricapitalizzazione», perché il settore finanziario «è ben gestito ma vulnerabile ed è necessario aumentare il capitale delle banche per prepararle a eventuali ulteriori perdite».
«La soluzione deve essere trovata rapidamente», ha detto allarmato il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker convocando per il pomeriggio una teleconferenza alla quale hanno partecipato tutti i paesi di Eurolandia. E così dopo tre ore di riunione è stato messo tutto nero su bianco (formalmente la Spagna presenterà la propria richiesta domani).
A differenza di altre situazioni la Germania non ha posto veti o fatto ostruzionismo. Rajoy in questi giorni si è incaricato della moral suasion nei confronti del cancelliere Angela Merkel. Aiutato dal premier italiano Mario Monti che ha lavorato affinché gli aiuti non giungessero né direttamente alle banche (creando problemi di immagine all’Ue) né andassero al governo (aprendo a un commissariamento di fatto): il piano di salvataggio sarà infatti gestito dal Frob, il fondo statale spagnolo per ricapitalizzare le banche. Ecco perché alla fine Palazzo Chigi si è dichiarato «soddisfatto». E, ove mai le parole non fossero state sufficienti, ci ha pensato Moody’s sabato notte da New York a far comprendere a Berlino che «l’uscita della Grecia dall’euro comporterebbe la fine di Eurolandia e un taglio del rating per tutti i Paesi» e che «la crisi delle banche spagnole contagerebbe l’Italia». Berlino si è convinta e il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble è stato il primo a felicitarsi con Madrid: «La Spagna ha compiuto grandi passi per il risanamento finanziario, la sosterremo».
Come ha evidenziato lo stesso de Guindos, la Spagna riceverà dall’Ue «un prestito a condizioni molto favorevoli, migliori di quelle di mercato», ha assicurato. Anzi, ha precisato che non si tratta di un «salvataggio», sottolineando che non ci sarà nessuna perdita di sovranità come accaduto ad Atene. Servirà solo riformare il sistema creditizio, una richiesta «gestibile». «Non è stata posta nessuna condizione macroeconomica, non sono previste riforme economiche o fiscali» ha dichiarato de Guindos aggiungendo che il Fondo Monetario Internazionale sarà «strettamente consultivo».
Le banche spagnole dovranno impegnarsi formalmente (sotto la sorveglianza dell’authority europea Eba e della Bce) a rafforzarsi, tagliando compensi e bonus e limitando la distribuzione di dividendi. Certo, si tratta sempre di un prestito e se non lo faranno gli istituti, al rimborso dovrà pensarci il governo di Rajoy.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.