di Vittorio Feltri
Oggi pomeriggio a Milano, nella chiesa evangelica metodista di via Porro Lambertenghi, si svolgono i funerali di Ottorino Beltrami, morto domenica nella clinica Madonnina di via Quadronno a causa di una crisi respiratoria. A 96 anni può capitare. Ma, quando succede, c'è sempre qualcuno che piange. In questo caso, non soltanto la moglie, Maria: anche tanta gente, specialmente del mondo dell'economia, che ebbe modo di lavorare con Beltrami, apprezzarne le qualità di uomo tutto d'un pezzo, leale, capace e soprattutto corretto.
Noi che non siamo giovani ricordiamo la sua straordinaria carriera, cominciata in mare come ufficiale di navi da guerra. Nato a Pisa nel 1917, dopo il liceo classico frequentò l'accademia di Livorno, ovviamente navale. Allo scoppio del conflitto mondiale, s'imbarcò su un cacciatorpediniere del quale divenne presto comandante, sfidando i bombardamenti al largo dell'Algeria. Ne uscì vivo per miracolo, ma perdendo una gamba. Giudicato un eroe, gli vennero conferite ben quattro medaglie al valore. Ed era solo l'inizio della lunga vita di Ottorino che, una volta congedatosi, si laureò alla Normale della sua città natale, università che non è certamente la Scuola Radio Elettra.
Neodottore, Beltrami ebbe subito una bella opportunità professionale: fu scelto da Adriano Olivetti quale suo segretario, anzi, braccio destro. Gli fu assegnato, tra l'altro, il compito di ricostruire i porti secondo i programmi del Piano Marshall. In pochi anni diventò uno dei massimi esperti italiani di logistica. Continuò nella sua ascesa in ambito industriale assumendo la direzione della divisione elettronica dell'Olivetti. Era il 1962. Un biennio dopo passò con lo stesso incarico alla General Electric, sempre ottenendo risultati importanti. Tant'è vero che nel 1970 venne chiamato al vertice di Finmeccanica.
Rientrato a Ivrea in veste di amministratore delegato, la sua scalata non finì lì: dal 1981 al 1984 fu vicepresidente della Stet e numero uno della Sip (l'antenata della Telecom). Altre presidenze: Assolombarda e Fondazione Cariplo. Era anche un uomo di non comune sensibilità culturale: si occupò dell'Accademia di Brera e della Fondazione Teatro alla Scala.
Instancabile, ha retto bene sino a 90 anni e oltre, poi s'è ritirato per difficoltà deambulatorie dovute alla mutilazione subita nel periodo bellico. Negli ultimi tempi usciva raramente di casa, la stessa dove abito io a Milano. Lucido, gli occhi scintillanti, era di una cordialità pari alla raffinata educazione.
Condoglianze alla signora Maria. Ottorino non è transitato invano su questa terra: vi lascia tracce indelebili.
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