L'Argentina dovrà ingoiare una medicina amara, ma necessaria per la tenuta dei suoi conti pubblici. A prescriverla è il presidente argentino, Mauricio Macri, in un discorso televisivo alla nazione dove ha annunciato un pacchetto austerità per frenare la caduta del peso, la moneta nazionale, che nel giro di pochi giorni ha visto perdere il 15% del suo valore rispetto al dollaro per un totale di oltre il 50% dall'inizio dell'anno.
Una crisi valutaria che fa aumentare l'inflazione e rischia di mettere in ginocchio l'Argentina, a 17 anni dal default del 2001. Il piano della Casa Rosada prevede un taglio al numero dei ministri, che passeranno da 22 a meno della metà, e un inasprimento delle tasse sulle esportazioni. Non è bastata a tamponare l'emorragia, infatti, la decisione della banca centrale di alzare i tassi d'interesse di 15 punti, fino al 60%. Il governo prevede un aumento della povertà e ha disposto misure di supporto ai cittadini più poveri come un calmiere sui prezzi dei generi alimentari fondamentali.
L'obiettivo è azzerare il deficit già nel 2019, per puntare a un surplus dell'1% nel 2020. Il ministro dell'Economia, Nicolas Dujovne, ha riconosciuto in conferenza stampa che «sono stati commessi errori» nella gestione dell'economia, prima di imbarcarsi su un aereo che lo porterà a Washington. Oggi incontrerà il Fondo Monetario Internazionale per concludere un accordo che anticipi l'erogazione al 2019 del prestito di 50 miliardi di dollari concordato a giugno. E da lì cercare il rilancio dell'economia. Macri, nel suo discorso, ha detto che non è più possibile «spendere più denaro di quanto ne abbiamo» e che l'aumento dei tassi di interesse americani e la crisi della lira turca hanno aggravato la situazione. Ha poi chiesto un sacrificio agli esportatori agricoli. L'Argentina è tra i maggiori venditori al mondo di mais e olio di soia. Su questi settori il martello della crisi batterà più forte.
L'Italia è interessata all'evolversi della situazione. Un pensiero in più per un'economia che tra dazi di Trump, turbolenze turche e spread, di certo non ha bisogno di nuove preoccupazioni. Stando a un recente rapporto di Mediobanca, tuttavia, «l'esposizione delle società italiane alla svalutazione del peso argentino è limitata».
La più coinvolta è Enel, anche se in Argentina realizza circa il 2-3% del suo margine operativo lordo. Per Tenaris il rischio maggiore è che il governo interrompa i sussidi agli investimenti per l'estrazione di gas. E meno impianti non sono una cosa positiva per l'azienda.
Fca, invece, nel 2017 ha realizzato solo il 2% del fatturato in Argentina e quindi non dovrebbe subire scossoni. Anche se, qualora il peso dovesse perdere ancora valore, «non è da escludere», sostiene Mediobanca, che «possa avere ricadute su altre valute dell'America latina». E la situazione peggiorerebbe.
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