Missione compiuta per l'ex paracadutista militare Jean Pierre Mustier: l'aumento di capitale varato il 6 febbraio da Unicredit ha quasi registrato il tutto esaurito. Con adesioni superiori al 99,8% delle nuove azioni offerte in sottoscrizione a 8,09 euro per un controvalore complessivo di oltre 12,9 miliardi. E a spingere l'aumento in prossimità del traguardo dei 13 miliardi sarebbero stati soprattutto gli acquisti degli investitori istituzionali.
Il mercato ha dunque deciso di scommettere sul piano di trasformazione dell'istituto presentato a Londra dal top manager francese lo scorso 13 dicembre. «Non è fantascienza, sono obiettivi ragionevoli per una grande banca commerciale paneuropea», aveva detto l'ad in quella occasione. Anche la presenza di un «cordone sanitario» di 30 banche internazionali, riunite in un consorzio a garanzia della sottoscrizione (e non di pre-garanzia come nel caso di Mps), ha giocato a favore, evitando crisi di sfiducia. Ma il successo non era scontato, anzi. La ricapitalizzazione più massiccia della storia della finanza tricolore, peraltro varata dopo il flop di quello del Monte dei Paschi e in un momento di grande incertezza per i venti antieuropeisti che soffiano sulle elezioni francesi, è considerato un banco di prova per la tenuta del sistema bancario.
I soldi raccolti serviranno a coprire il gap di patrimonio provvisorio creato con la maxi-svalutazione dei crediti in sofferenza in vista della loro cessione: 17 miliardi di npl, in parte generati da finanziamenti ante 2011, in parte trascinati con Capitalia. Il resto della liquidità verrà utilizzata per rafforzare la banca in settori considerati strategici come il commercial banking e la digitalizzazione.
L'operazione è decisiva anche per delineare gli equilibri futuri nell'azionariato del gruppo di piazza Gae Aulenti. La mappa dei soci cambierà infatti radicalmente e i riflettori sono puntati sulle quote dei cosiddetti «privati» come il patron di Luxottica, Leonardo Del Vecchio o Caltagirone. L'intera operazione verrà completata entro il 10 marzo con l'offerta dei diritti inoptati pari a circa lo 0,2%, ma la nuova geografia si conoscerà solo più avanti quando arriveranno le comunicazioni ufficiali. Di certo, le Fondazioni faranno un passo indietro: Cariverona ha sottoscritto in parte (per 220 milioni) e scenderà dal 2,3% all'1,8%; la torinese Crt ha investito circa 220 milioni e si è ridotta all'1,7%; la Fondazione Cr Modena scende allo 0,50% e una quota frazionale l'avrà la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. I primi due azionisti, ovvero il gestore americano Capital Research (al 6,7% del capitale) e il fondo di Abu Dhabi, Aabar, (al 5,04%) avrebbero sottoscritto interamente pro quota.
In futuro, con il rinnovo nel 2018, cambierà anche la
composizione del consiglio di amministrazione con 15 membri e un vicepresidente. Nella sostanza si rifletterà la composizione dell'azionariato. E anche sul tetto del diritto di voto del 5% ci sono approfondimenti in corso.
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