«Iva e tariffa rifiuti, una storia italiana». Così si intitolava un articolo pubblicato sul notiziario della Confedilizia che risale al dicembre del 2010. Articolo nel quale si dava conto dell'ultimo atto di una vicenda davvero poco edificante: quella relativa al contrasto tra un principio nettamente affermato dalla giurisprudenza - e cioè che la tariffa rifiuti è in realtà un tributo e, pertanto, su di essa non può essere applicata l'Iva - e il tentativo, da parte dell'Amministrazione finanziaria e del governo, di vanificare tale principio, attraverso circolari e leggi.
Ma ora deve darsi conto dell'ultima puntata di questa vicenda, rappresentata da una sentenza emessa dalla Corte di cassazione (corrisponde alla numero 3.756 del 9 marzo 2012) che ha ribadito la natura tributaria della cosiddetta Tia 1 (la tariffa rifiuti attualmente applicabile), nonostante la disposizione di legge che ne aveva d'imperio sancito la natura tributaria, ma sbagliando obiettivo, poiché era intervenuta sulla cosiddetta Tia 2, non ancora applicabile.
A tale errore formale aveva tentato di porre quindi rimedio il Dipartimento delle finanze attraverso la circolare n. 3/Df del 2010, richiamandosi alla «identità sostanziale» tra i due prelievi.
Tentativo che la Corte di cassazione - nella sentenza in parola - bolla come «forzatura logica del tutto inaccettabile».
L'Iva sulla tariffa rifiuti attualmente - e in passato - applicata nei Comuni che hanno abbandonato la tassa, è dunque, illegittima. Affermazione dalla quale non può che conseguire il diritto al rimborso di quanto, a tale titolo, versato dai contribuenti interessati.
*Presidente Confedilizia
di Corrado Sforza Fogliani*
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