Economia

La lettera di Bruxelles a Renzi vietò di salvare i risparmiatori

I commissari Ue contro la soluzione meno traumatica. Ora Renzi vuole rendere pubblico il carteggio che lo obbliga a rifarsi sui risparmiatori

La lettera di Bruxelles a Renzi vietò di salvare i risparmiatori

A decidere la strada più traumatica per risolvere il pasticcio delle banche sull'orlo del crac è stata l'Unione europea. Matteo Renzi, come al solito, ha subito passivamente. Incassato il diktat dei commissari europei, ha messo insieme il decreto "salva banche" e ha dato nuova vita Banca Etruria, Banca Marche e le casse di risparmio di Chieti e di Ferrara. A farne le spese sono stati i risparmiatori a cui il premier ha cancellato tutte le obbligazioni. Hanno così pagato la debolezza di un governo succube di Bruxelles e le grige politiche di un'Unione europea che fa degli interessi economici l'unico comandamento.

Il contenuto del salva banche ormai è noto. E, purtroppo, pure i suoi effetti. Le parti sane dei quattro istituti sono stati convogliati in "banche ponte" ricapitalizzate per 1,8 miliardi grazie al "Fondo di risoluzione" previsto dalle direttive europee. I crediti in default delle parti malate sono state svalutate al 17,6% del valore teorico e scorporate dalla parte salvabile. Un'operazione costata 1,7 miliardi di euro e l'azzeramento di tutte le azioni e le obbligazioni subordinate. Il 19 novembre, però, Renzi ha chiesto alla Commissione Ue di mettere nero su bianco che la strada battuta dal decreto "salva banche" non è quella proposta dal governo, ma imposta da Bruxelles. L'idea del Tesoro era, infatti, di far fronte alla crisi attingendo al Fondo interbancario di garanzia sui depositi. Così facendo non sarebbero state cancellate le obbligazioni dei risparmiatori. Ma Bruxelles era fermamente contraria.

Come rendono noto alcune fonti di stampa, Renzi è fortemente tentato di rendere pubblica la lettera firmata da Marghethe Vestager e Jonathan Jill, commissari Ue alla Consorrenza e alla Stabilità finanziaria, in cui si vieta al governo italiano di attingere al Fondo interbancario di garanzia sui depositi. "Nel caso venga usato un meccanismo di garanzia dei depositi e questo meccanismo venga riconosciuto come aiuto come aiuto di Stato - scrivono i due tecnici - la risoluzione delle banche scatta autonomamente in base alla direttiva Brrd (Bank recovery and resolution drective, ndr)".

Il governo sapeva bene che, se avesse ignorato il diktat di Bruxelles, il decreto sarebbe stato nullo facendo così scivolare l'emergenza al 2016 quando, con la piena entrata in vigore della Brrd sulla ristrutturazione degli istituti, sarebbero stati colpiti anche le obbligazioni normali e i conti correnti sopra i 100mila euro di almeno una delle quattro banche.

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