Ligresti, per la Procura è falso in bilancio

La Guardia di finanza perquisisce le holding Imco e Sinergia, indagati i vertici. A rischio l’attività dei cantieri

Ligresti, per la Procura è falso in bilancio

Uno stato di insolvenza che si trascinava da anni, mascherato nei bilanci del gruppo di Salvatore Ligresti nascondendo i buchi neri e tenendo alto il valore di crediti ormai senza speranza: la Procura di Milano è convinta che l’impero dell’Ingegnere siciliano non possa essere arrivato al capolinea tutto ad un tratto, e che si debba andare a scavare sulle responsabilità di chi ha fornito la copertura contabile al degrado delle aziende.
È per questo che ieri mattina la Guardia di finanza va a bussare agli uffici di Sinergia ed di Imco, le due holding del gruppo Ligresti di cui il pm Luigi Orsi ha chiesto il fallimento. Insieme al decreto di perquisizione, le fiamme gialle hanno notificato un avviso di garanzia per falso in bilancio a due top manager delle società sotto accusa, ovvero il presidente di Sinergia Fausto Nunzi e il presidente di Imco Salvatore Rubino, che vanno a fare compagnia nel registro degli indagati a Salvatore Ligresti, inquisito da tempo per ostacolo all’attività della Consob e dal 19 aprile anche per aggiotaggio. «Con l’intenzione di ingannare il pubblico al fine di conseguire un ingiusto profitto», Nunzi e Rubino avrebbero truccato gli ultimi bilanci e forse anche quelli precedenti. I due manager inquisiti ieri, evitano l’accusa di aggiotaggio perché hanno potuto dimostrare la loro estraneità alle operazioni speculative sui titoli Premafin che Ligresti, attraverso il suo collaboratore Giancarlo De Filippo, ha effettuato per tenere artificiosamente alto il valore delle azioni. «Non abbiamo fatto operazioni di trading», hanno spiegato i dirigenti alla Procura «anche perché le azioni Premafin sono in mano alle banche a garanzia dell’esposizione».
La nuova mossa arriva alla fine di una settimana di passione per Ligresti, segnata dal sequestro di parte delle azioni, dalla nuova incriminazione e infine dal congelamento da parte dell’Antitrust dell’operazione di salvataggio di Fonsai - l’assicurazione che costituisce oggi l’asset più rilevante della galassia ligrestiana - da parte di Unipol. Il quadro complessivo fa dire che all’udienza del 2 maggio davanti al tribunale, chiamato a valutare l’istanza di fallimento presentata da Orsi, il gruppo Ligresti arriva nella posizione peggiore. È improbabile che mercoledì prossimo si entri nel merito dell’istanza di ristrutturazione del debito preannunciata da Sinergia e Imco per evitare il fallimento: e per il gruppo è una fortuna, perché nelle condizioni attuali è assai improbabile che il parere della Procura sarebbe positivo. L’ipotesi del fallimento di Sinergia e Imco insomma resta concreta: con il rischio che il crac abbia ripercussioni anche sulla continuità dei cantieri gestiti direttamente da Sinergia, come quello milanesi di via de Castillia, all’Isola.
Sull’istanza di fallimento pesa sicuramente il diktat dell’Antitrust. È ben vero che ieri l’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, co-regista dell’operazione di salvataggio tramite Unipol, ha detto che il provvedimento del Garante del mercato «non cambia i piani». E entro mercoledì sia Premafin che Unipol andranno a cercare di convincere l’Authority della bontà delle loro ragioni.

Ma la Procura, che fin dall’inizio era convinta che la fusione Fonsai-Unipol sarebbe entrata in rotta di collisione con le normative anti-concentrazione, ha visto confermati i suoi timori. Oltretutto gli inquirenti hanno letto alcuni segnali recenti dal mondo delle banche creditrici di Imco e Sinergia (prevalentemente Unicredit) come un giudizio scettico sulla praticabilità dell’operazione.

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