Economia

L'incapacità del governo giallorosso sulle partecipate blocca il Paese

I vertici di molte società partecipate non sono ancora stati rinnovati. E l'Italia resta ferma al palo

L'incapacità del governo giallorosso sulle partecipate blocca il Paese

Nomine bloccate, vertici di molte partecipate non rinnovati e Giuseppe Conte sempre più stretto all'angolo, incapace di uscire dall'impasse insieme ai suoi alleati di governo.

Il premier non riesce a sciogliere un nodo spinosissimo, lo stesso che sta bloccando l'Italia: quello riguardante le nomine delle società partecipate, cioè quelle controllate, in parte o del tutto, dallo Stato. Conte non c'era riuscito con la Lega e non ci sta riuscendo nemmeno adesso con il Pd. Prendiamo ad esempio il caso Invitalia, l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti. Come ha raccontato il quotidiano La Verità, l'Avvocato del popolo aveva annunciato una fumata bianca imminente per il rinnovo dei suoi vertici. Eppure nel Consiglio dei ministri, tenutosi a pochi giorni di distanza dalle affermazioni di Conte, le nomine tanto attese sono saltate per la tredicesima volta dopo altrettante assemblee andate a vuoto.

L'amministratore delegato di Invitalia è Domenico Arcuri, in sella dal 2016. Dallo scorso aprile Conte deve però rinnovare l'intero cda della società. Arcuri non è in discussione, ma all'interno dell'esecutivo ci sono comunque state tensioni sulla scelta del presidente, poi ricaduta su Andrea Viero, ma soprattutto sulla nomina dei consiglieri per il nuovo Cda dell'Agenzia. Morale: senza un board rinnovato sono scattate le proroghe, e al termine di essere la guida è stata affidata al Collegio sindacale. Attenzione però, perché quest'ultimo non può firmare contratti o affidamenti ma può occuparsi soltanto dell'ordinaria amministrazione.

Fra incapacità e paralisi

Altro esempio: i vertici di Sace Simest sono nel limbo da circa un anno. E senza un regolare cda l'azienda ha le mani legate e non può assicurare le mega commesse legate a Leonardo o Fincantieri. Per completare il quadro, possiamo poi pensare alla situazione dell'ex Ilva di Taranto: molte partecipate sono impossibilitate a scendere in campo perché non pienamente operative. Conte spera che le aziende pubbliche possano spegnere un incendio ormai indomabile ma, anche quando qualcuno, come Snam, prova a mettere in campo una proposta, (in questo caso 40 milioni di euro per una pipeline) l'esecutivo non sa come muoversi.

Il paradosso è che il governo giallorosso ha più volte rimarcato come l'economia italiana possa risollevarsi "usando" le partecipate ma, allo stesso tempo, l'esecutivo sembra volersi impegnare per bloccarne l'operatività, tra nomine saltate, litigi e board vacanti. Negli ultimi mesi, da Agcom a varie controllate di Cassa depositi e prestiti, le decisioni più importanti sono andate in proroga. La sensazione è che ogni partito punti soltanto alla nomina d'oro del capo dell'Eni, dimenticandosi di tutto il resto.

Nel frattempo la clessidra scorre e l'Italia resta ferma al palo.

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