Paolo Stefanato
A cinquant'anni esatti dal primo volo, la compagnia britannica Monarch Airlines è fallita. Nata come compagnia charter, l'attività era stata estesa alla linea dopo la deregulation degli anni Novanta, e negli ultimi esercizi aveva giocato la carta del low cost. Senza successo. Troppo piccola (35 aerei) per fare concorrenza ai giganti del settore, Ryanair e Easyjet, è rimasta vittima della guerra dei prezzi e della crisi di alcune rotte. Nella notte di ieri Monarch ha subito anche l'onta di dover lasciare a terra gli aerei e 110mila viaggiatori, ai quali il governo inglese ha garantito il rientro con una trentina di aerei presi a noleggio. È stata definita come la più grande operazione di rimpatrio del dopoguerra. Molti ricordano il blocco degli aerei di Swissair, nel 2001, mentre in tempi recenti sia AirBerlin sia Alitalia, tecnicamente fallite, hanno continuato a volare. Il network della compagnia inglese serviva anche l'Italia, in particolare gli aeroporti di Roma Fiumicino, Napoli, Torino, Venezia Verona.
Monarch era stata rilevata a prezzo simbolico nel 2014 dal fondo Greybull Capital che un anno fa versò l'equivalente di 187 milioni di euro per ricapitalizzarla, andati bruciati. La decisione di non versare ulteriore capitale ha indotto l'autorità britannica per l'aviazione a revocare la licenza di volo. Le prenotazioni cancellate sono state 300mila, 2.750 i dipendenti senza lavoro. La compagnia possedeva una interessante attività di manutenzione, al servizio anche di terzi, e un portafoglio di slot al quale parrebbe interessata Norwegian.
L'uscita di scena di Monarch conferma il momento nero dell'aviazione europea. Oltre ad Alitalia e Air Berlin, anche Ryanair deve fare i conti con una crescita non più caratterizzata dal vantaggio delle economie di scala.
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