Carlos Ghosn, come in uno dei più celebri show illusionistici di David Copperfield, svanisce in Giappone per riapparire in Libano, a quasi 9mila chilometri di distanza. E si favoleggia che per fuggire dall'abitazione super sorvegliata di Tokio, l'ex numero uno di Renault e Nissan, si sia fatto rinchiudere in un contenitore di strumenti musicali al termine dell'esibizione di un'orchestra in casa sua. Se così fosse, la «fuga da Tokio» di Ghosn potrebbe ispirare un prossimo film dell'agente 007, ricalcando una delle più clamorose «evasioni», seppur in questo caso dal proprio domicilio, della storia.
Sull'ex top manager 65enne di origine libanese, ma nato in Brasile e cittadino francese, gravano quattro capi di accusa, tra cui quello di appropriazione indebita. Riconosciuto come il «salvatore di Nissan» dopo il suo arrivo nel disastrato gruppo giapponese nel 1999, Ghosn ha trascorso in totale 130 giorni di detenzione tra il novembre del 2018 e l'aprile scorso. Avrebbe infatti falsificato i rendiconti finanziari delle società da lui guidate, sottostimando i propri compensi per 80 milioni di dollari e abusando di beni aziendali. Libero su cauzione (10,5 milioni di dollari), Ghosn era comunque sottoposto a pesanti restrizioni, oltre a non poter utilizzare Internet e alle telefonate limitate e controllate.
Secondo le prime ricostruzioni, sarebbe riuscito a imbarcarsi su un jet privato a Osaka il 30 dicembre, per atterrare all'alba dell'ultimo dell'anno, via Istanbul, all'aeroporto di Beirut. Alla rocambolesca e fantasiosa fuga dentro una maxi custodia per strumenti musicali (Ghosn è alto 1,70 metri) viene aggiunta l'ipotesi, più verosimile, che con la complicità della moglie Carole - che poteva incontrare con un permesso speciale - e di altri familiari, sia riuscito a procurarsi un passaporto francese, per poi superare senza essere riconosciuto i controlli nello scalo aereo giapponese. Non è la prima volta, in questo caso, che l'ex idolo del Sol Levante cerca di non farsi riconoscere. Quando è uscito dalla prigione, per eludere fotografi e giornalisti, aveva tentato (nell'occasione invano) di confondersi tra le gente, indossando una tuta da addetto alla manutenzione.
Sparito da Tokio, facendola in barba alla videosorveglianza H24, ma subito riemerso in Libano, Ghosn ha diffuso una nota dove si dice vittima di «ingiustizia» e «persecuzione politica» in Giappone. «Ora sono in Libano. Non sono più ostaggio di un sistema giudiziario giapponese distorto in cui prevale la presunzione di colpa», scrive l'ex potentissimo manager. Per tutto risposta, il pubblico ministero che si occupa dell'inchiesta, ha ottenuto la revoca della libertà su cauzione dell'ex numero uno di Renault e Nissan. Ghosn in Libano si sente comunque blindato: non esistono, in proposito, trattati di estradizione con Tokio. Le autorità locali hanno già fatto sapere che l'uomo è entrato a Beirut «legalmente» e che non ci sono misure che giustifichino «l'adozione di provvedimenti».
Il governo libanese è sempre stato dalla sua parte, considerando la sua «una delle storie di successo del Paese nel mondo». E una volta finito in galera, per le strade di Beirut erano apparsi manifesti in suo sostegno con questa frase: «We are all Carlos Ghosn». Da Tokio, intanto, replicano che la decisione di sottrarsi alla giustizia nipponica rappresenta «un atto imperdonabile e un tradimento al sistema giudiziario».
Di certo, per il governo e la giustizia di quel Paese la vicenda sarà difficile da digerire, visto il danno d'immagine e la figuraccia rimediata. Il caso, inoltre, rischia di mettere in forte imbarazzo anche l'Eliseo. Nella conferenza stampa annunciata per i prossimi giorni a Beirut, l'ex capo di Renault potrebbe fare rivelazioni scomode. E Parigi teme che i rapporti con Tokio possano subire ripercussioni, visti i legami diplomatici con il Libano. Renault, che ha nello Stato francese il principale azionista, è impegnata da mesi a ridefinire i non facili equilibri con gli alleati di Nissan dopo il naufragio, lo scorso anno, delle nozze con Fca. Intanto, non sono da sottovalutare le dichiarazioni rilasciate qualche mese fa da Carole Ghosn al Journal du Dimanche: «Tutti hanno dimenticato quello che mio marito ha fatto per l'economia francese e per Renault».
A cui è seguita «la richiesta di rispetto dei diritti umani di Carlos, il suo diritto a difendersi e di avere un processo rapido in Giappone oppure in Francia».Sui social, infine, c'è chi scommette già che presto «la fuga da Tokio» sarà oggetto di una serie tv per Netflix di cui Ghosn, tra l'altro, è un affezionato utente.
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