
Troppo lavoro, tensioni esterne e pressioni politiche, queste le motivazioni che stanno convincendo i dipendenti e i dirigenti a scappare dall'impero di Elon Musk (in foto). Da Tesla a X, sarebbe in atto un vero e proprio fuggi fuggi.
Dopo i 14mila tagli di aprile a Tesla e i 500 a X AI (la divisione sull'intelligenza artificiale dell'ex Twitter) di inizio mese, entrambi mascherati da un piano di accelerazione strategica. E dopo che il magnate sudafricano ha iniziato a pregustarsi i mille miliardi di bonus promessi dalla sua società auto, il suo impero imprenditoriale inizia ora a tremare dall'interno.
Si può parlare di un vero esodo tra i senior manager da Tesla, infatti, ma anche da X AI. Da un lato a lasciare l'azienda sono stati i vertici di Tesla, partendo da Omead Afshar, dopo sette anni al fianco di Musk. Una grande perdita perché non era solo un dirigente operativo, ma uno dei pochi in grado di tradurre in pratica le intuizioni, spesso imprevedibili, del suo capo. Da lì a poco, è stato il turno di Milan Kovac, il responsabile del progetto Optimus e Jenna Ferrua, capo delle risorse umane. Nel caso dell'azienda di intelligenza artificiale di X l'esodo è stato ancora più rapido: in poche settimane hanno presentato le dimissioni il direttore finanziario Mike Liberatore e il consulente legale Robert Keele, che ha deciso di licenziarsi dopo soli 16 mesi di mandato, pubblicando sui suoi profili social un video, creato con l'intelligenza artificiale, di un avvocato in giacca e cravatta che urlava spalando carbone fuso. Queste uscite seguono quelle di Linda Yaccarino, ex ceo di X, che aveva già lasciato il suo incarico a luglio.
Secondo le testimonianze degli ex dipendenti, a spingere i manager all'addio sarebbe l'esaurimento causato dalla cultura del lavoro imposta da Musk. Ma anche il consiglio di amministrazione è consapevole della situazione. Infatti, ha più volte scherzato sul fatto che esiste il tempo "normale" e il tempo di Tesla, con un'etica di lavoro da 24 ore su 24 e sette giorni su sette. Chiaramente non tutti sono tagliati per un simile stile di vita. Gli ex dipendenti sottolineano anche che il crescente disagio per le posizioni politiche del miliardario non hanno aiutato: dal coinvolgimento nel governo di Donald Trump alla difesa di figure dell'estrema destra.
Dalla dirigenza non sembrano però essere troppo preoccupati: "Tesla resta una calamita per i talenti", ha ribadito Robyn Denholm, presidente della società dal 2018, ma il clima interno sembra raccontare una realtà
diversa. I licenziamenti sembrano un'emorragia che inizia a sollevare interrogativi sulla capacità del gruppo di conservare il capitale umano necessario per competere in un settore sempre più tecnologico e ipercompetitivo.