Marchetti al 7,8% di Yoox investe nella sua creatura

Il fondatore e ad del gruppo ha puntato 16 milioni nell'esercizio di stock option. E il titolo balza del 4,7%

Marchetti al 7,8% di Yoox investe nella sua creatura

A quattordici anni di distanza, Federico Marchetti - ad e fondatore Yoox, colosso dell'e-commerce di lusso - crede ancora nella sua creatura. E forse più di prima. Così ieri, in un momento di stanca del titolo in Borsa, causato dalle difficoltà del settore moda, il manager romagnolo ha portato la sua quota dal 5,3% al 7,8% esercitando un pacchetto di stock option corrispondente a 1,6 milioni di azioni, a un prezzo medio di 5,62 euro, per un esborso totale, comprensivo del carico fiscale, di circa 16 milioni. Un'importante prova di fiducia che è piaciuta al mercato e che ha spinto il titolo: +4,17% a 17,25 euro. Certo, siamo lontani dai 35 euro di gennaio, ma ancor di più dai 4,3 euro con cui il gruppo debuttò a Piazza Affari nel 2009. Non a caso il titolo è considerato dagli addetti ai lavori uno dei «flipper» di Piazza Affari.

A parlare di Yoox, più della performance in altalena delle azioni, sono comunque i numeri di bilancio che disegnano «una delle realtà migliori del settore lusso - commenta Gian Luca Pacini analista di Intesa Sanpaolo - giovane, dinamica che ha ancora molto spazio per crescere». Numeri alla mano, la società ha appena chiuso i primi nove mesi dell'anno con un utile netto di 4,6 milioni (da 3,5 milioni), a quota 366,3 milioni (+14,7%) e profitti incrementati del 29,6% a 4,6 milioni.

«Entriamo a vele spiegate nel più importante trimestre dell'anno - aveva detto l'ad commentando i dati - forti dei nostri obiettivi e della bontà delle iniziative pianificate per la campagna natalizia». Insomma Marchetti ci crede e vuole convincere la Borsa con lo stesso spirito che lo ha animato nel 2000 quando, da zero, diede vita a un'azienda che ha saputo sfidare lo scetticismo di fare acquisti (firmati) online, esportando la ricetta in oltre 100 Paesi.

Ma cosa c'è sulla strada di questo manager - classe 1969 - che dopo aver ricevuto il premio Leonardo per l'innovazione, a ottobre è stato nominato l'Alumnus Bocconi del 2014? «I numeri sono solidi - spiega Pacini - la vera sfida è quella di riuscire a mantenere i legami con i monobrand del lusso nel lungo periodo e convincere il mercato a non essere associati a competitor, come l'inglese Asos, che hanno difficoltà, ma che sono in condizioni diverse da Yoox».

Va ricordato, infatti, che Yoox opera attraverso un canale multimarca e poi attraverso svariati monomarca acquisendo licenze dalle maison per la gestione degli store online. Oltre 37 big del lusso mondiale (Valentino, Moschino, Dodo) si sono affidati a Marchetti e alla sua squadra per portare nel mondo i propri prodotti. Guardando al futuro, tra le criticità latenti ci potrebbe essere il rischio di perdere qualche licenza o una crisi inattesa e localizzata dei consumi, fattori al momento non prevedibili.

Quel che appare con più chiarezza all'orizzonte è, invece, la possibilità che Yoox possa essere preda di un grande player internazionale. «Dal 2012, Yoox è partner di Kering, con cui ha costituito una joint venture dedicata alla gestione degli online store mono-brand di numerosi marchi del lusso del gruppo (Bottega Veneta, Saint Laurent, Alexander McQueen, Balenciaga), questa intesa scade nel 2019 e allora - spiega Pacini - potrà iniziarsi a porsi la questione, magari la stessa Kering potrà decidere se mettere le mani sul gioiellino italiano».

Al giusto

prezzo, Marchetti potrebbe anche vendere, ma non prima del 2019. D'altra parte, proprio per allora, avrà compiuto 50 anni e per il manager - grande sostenitore dei giovani trentenni - sarà forse il tempo di farsi da parte.

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