Economia

Marchionne boccia il sistema Italia e fa infuriare il governo

Marchionne: "In Italia condizioni per l'industria impossibili". Il ministro del Lavoro: "Ci sono aziende che investono". In ballo il futuro di Mirafiori e Cassino

Marchionne boccia il sistema Italia e fa infuriare il governo

Ed è ancora braccio di ferro. Questa volta non con i sindacati. Ma con il governo che non ha gradito la denuncia lanciata ieri da Sergio Marchionne al sistema Italia. È bastato che l'ad del Lingotto dicesse quanto di più ovvio si possa dire sull'economia nostrana, e cioè che fare industria è pressoché impossibile, perché il ministro del Lavoro Enrico Giovannini andasse in escandescenze e si mettesse a difendere un Paese dove le imprese vengono spolpate dal Fisco e gli imprenditori perseguitati dalla burocrazia e dall'Agenzia delle Entrate. "Ci sono molte imprese che in queste condizioni stanno continuando a investire, a crescere, a creare profitto e posti di lavoro - ha spiegato l'ex presidente dell'Istat - questo nonostante le indubbie difficoltà".

Ieri, durante una conference call con gli analisti finanziari sui dati del secondo trimestre, Marchionne l'ha detto chiaro e tondo: la Fiat potrebbe non investire più in Italia dal momento che "le condizioni industriali rimangono impossibili". Tanto che i nuovi modelli dell'Alfa Romeo potrebbero essere prodotti all’estero. Stando all'analisi dell'ad, infatti, il Lingotto avrebbe già sul tavolo "le alternative necessarie per realizzarli ovunque nel mondo". Parole pesanti che tornano a impensierire un governo che non è ancora riuscito a sciogliere lacci e lacciuoli che imbrigliano industria e impresa. "Rimango open minded, non ho pregiudizi", ha spiegato l’amministratore delegato insistendo sulla necessità che l'esecutivo riempia il vuoto lasciato dalla sentenza della Consulta. Venerdì il colosso di Torino ne parlerà con i sindacati e nel pomeriggio ci sarà l’atteso incontro con il leader della Fiom, Maurizio Landini. "Vedremo il risultato...", ha commentato Marchionne lasciando il braccio di ferro in sospeso. Almeno per ora. Perché tutte le problematiche restano. E fanno male, non solo alla Fiat.

Il governo Letta non intende restare a guardare. Le parole di Marchionne non hanno lasciato indifferente Giovannini che, ai microfoni di Rai Radio 1, ha ricordato che esistono molte imprese che "in queste condizioni stanno continuando a investire, a crescere, a creare profitto e posti di lavoro, questo nonostante le indubbie difficoltà". "È chiaro che il tema è caldo, specie dopo la sentenza della Corte costituzionale su Fiom-Fiat - ha proseguito il ministro del Lavoro - in questi mesi io e Marchionne abbiamo discusso più volte di come migliorare le relazioni industriali". Anche il ministro delle Politiche agricole Nunzia De Girolamo ha accusato Marchionne di dimenticare le eccellenze del Belpaese: "Abbiamo due grandi industrie, l’agroalimentare e i beni culturali, e l’Expo sarà una grande occasione per metterle a sistema". Il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato conta di incontrare il manager del Lingotto prima del 10 agosto. Sul tappeto c'è il futuro di due fabbriche importanti, quelle di Mirafiori e Cassino: per entrambe la cassa integrazione è agli sgoccioli, a Torino finirà il 30 settembre, nell’altro stabilimento a fine anno. Se gli investimenti non si sbloccano il futuro di entrambi è ad alto rischio, con risvolti occupazionali drammatici.

Sebbene sia soddisfatto dei conti del gruppo, Marchionne non vede per il mercato europeo dell’auto alcuna svolta fino al 2015, anche a causa della forte competizione tra i costruttori. Mentre il Vecchio Continente ha dimezzato le perdite, la Fiat è riuscita a chiudere il secondo trimestre con un utile netto di 435 milioni di euro, quasi il doppio rispetto all’analogo periodo del 2012, un utile della gestione in aumento del 9% a oltre un miliardo di euro e ricavi in crescita del 4% a 22 miliardi. Il gruppo conferma i target 2013, mentre Chrysler, che chiude il secondo trimestre con un utile netto a 507 milioni di dollari, in aumento del 16%, rivede il target del reddito operativo nella forchetta tra 3,3 e 3,8 miliardi di dollari rispetto all’obiettivo di 3,8 miliardi indicato precedentemente e quella dell’utile netto 2013 a 1,7-2,2 miliardi di dollari dai 2,2 miliardi precedente previsti.

"A pesare - ha spiegato il direttore finanziario della società americana, Richard Palmer - il richiamo dei modelli jeep e una riduzione delle consegne di auto".

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