Economia

Massiah se ne va e lascia Ubi a Intesa

L'utile cresce del 38%. L'ex ad: "Siamo solidi. L'Opas? Confronto duro ma corretto"

Massiah se ne va e lascia Ubi a Intesa

«Lascerò la banca questa sera stessa». Così, presentando ieri i risultati semestrali di Ubi Banca, il Ceo Victor Massiah ha annunciato il passo indietro con effetto immediato dopo il successo dell'Opas di Intesa Sanpaolo sull'istituto lombardo. Termina così uno dei più lunghi mandati di un banchiere (nell'epoca contemporanea superato solo dai 13 anni di Profumo a Unicredit) alla guida di una grande banca, iniziato a dicembre 2008.

Il commiato, seguito alla vittoria di Ca' de Sass (90,2% di adesioni), ha rappresentato l'occasione per fare il punto sulla propria gestione, ma anche per salutare lasciando dietro di sé una semestrale brillante. Ubi Banca ha chiuso i primi sei mesi dell'anno con un utile netto di 184,3 milioni in crescita del 38,1% rispetto allo stesso periodo del 2019. Nel solo secondo trimestre l'utile è balzato dell'81,5% a 90,7 milioni, battendo le attese degli analisti. I proventi operativi del semestre si sono attestati a 1,8 miliardi (-1,8%), con margine di interesse a 803 milioni (-9,3%) e commissioni nette a 823,7 milioni (+1,3%). In calo dello 0,8% a 1,18 miliardi gli oneri operativi, per un rapporto cost/income salito al 65,6%. Sul fronte patrimoniale, il Cet1 è salito al 13,41% (dal 12,86% di marzo).

«Un gruppo solido e profittevole, un'elevatissima disciplina sugli attivi e i passivi è l'eredità che lasceremo al nuovo azionista», ha detto il manager rimarcando che «il confronto sull'Opas è stato duro, ma mai scorretto». «Massiah ha criticato poi il ruolo delle Authority suggerendo di «vedere cosa si può modificare in termini di regole del gioco per apprendere dalle cose meno belle di questa Opas come si può migliorare in futuro».

Quello che Massiah, in fondo, ha chiesto era l'onore delle armi, contrastando l'opinione diffusa che Ubi fosse un istituto un po' fermo sulle proprie posizioni. Circostanza smentita dalla trasformazione in spa e dall'assorbimento delle tre banche in risoluzione (Banca Marche, CariChieti e BancaEtruria). Un po' meno nobile la polemica con il suo mentore Giovanni Bazoli, artefice della sua promozione a vicedg di Banca Intesa ai tempi di Passera e del suo successivo insediamento alla direzione generale di Banca Lombarda nel 2003. Il presidente emerito di Intesa, sostenitore dell'Opas, aveva criticato la decisione di Ubi di non effettuare un merger tra il 2015 e il 2016, definendola «un'occasione persa». In quegli anni, ha ricordato Massiah, «non c'era disponibilità dei soci a una ricapitalizzazione», necessaria per integrarsi con il Monte dei Paschi. No comment, invece, sulle ipotesi alternative a Intesa che avrebbero contemplato le nozze con Rocca Salimbeni (ripulita dagli Npl) o addirittura con Unicredit. Analogamente, nessuna anticipazione è stata fornita sull'eventuale apporto del proprio 0,06% di Ubi all'Opas residuale che il gruppo guidato da Carlo Messina è obbligata a lanciare. «Sono un uomo libero e domani (oggi; ndr) farò quello che riterrò opportuno fare», ha chiosato.

Il ruolo di Massiah sarà ricoperto ad interim (in attesa della convocazione dell'assemblea per la nomina del nuovo cda) dal vicedg vicario Elvio Sonnino. Anche il cda di Ubi, presieduto da Letizia Moratti, ha manifestato l'intenzione di rimettere il mandato rimanendo in carica per garantire la continuità operativa».

In Borsa Ubi ha guadagnato l'1,01%, invariata Intesa.

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