Mediobanca promette più dividendi

La remunerazione dei soci aumenterà del 50%. È la risposta alle critiche di Del Vecchio

Mediobanca promette più dividendi

Aumentare i ricavi del 4% medio l'anno per arrivare a quota 3 miliardi in quattro anni; accelerare sullo sviluppo del wealth management ovvero la gestione dei grandi patrimoni; crescere anche per acquisizioni ma, soprattutto, fare ricchi gli azionisti con 2,5 miliardi tra dividendi buyback. È questo il piano che l'amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel ha messo sul piatto della Delfin di Leonardo Del Vecchio, diventato il primo azionista di Piazzetta Cuccia (con il 9,88%) dopo l'uscita di Unicredit. Un piano che è anche una sorta di polizza assicurativa valida fino al 2023, ossia alla scadenza del mandato del nuovo cda che si insedierà fra meno di un anno all'assemblea del 2020 sul bilancio, che l'istituto chiude a fine giugno.

Il piano non mette nelle cifre le operazioni straordinarie che ci potranno essere e promette di essere estremamente generoso con chi ha deciso di investire in Mediobanca. La remunerazione complessiva degli azionisti aumenterà, infatti, del 50% fino a 2,5 miliardi nel nuovo piano strategico 2019-2023 rispetto a quanto distribuito negli ultimi quattro anni. Nel dettaglio, il dividendo unitario salirà del 10% il prossimo anno a 0,52 euro dagli 0,47 pagati sull'esercizio chiuso il 30 giugno. La crescita sarà poi del 5% annuo: a 0,54 euro nel 2021, a 0,57 nel 2022 e a 0,60 nel 2023. Complessivamente Piazzetta Cuccia prevede quindi di distribuire nel quadriennio dividendi per 1,9 miliardi, a cui si dovrà aggiungere un piano di buyback, ovvero il riacquisto di azioni proprie, compreso tra i 300 e i 600 milioni. E per dimostrare che della sua gestione non ci si può lamentare, ieri Nagel ha anche evidenziato in una apposita slide illustrata durante la conferenza telefonica con gli analisti in cui mostra come negli ultimi cinque anni Mediobanca abbia consentito un ritorno totale agli azionisti pari al 77%, che la colloca al primo posto tra le banche italiane (al secondo posto c'è Intesa Sanpaolo con il 24%, mentre tutti gli altri principali istituti fanno segnare performance negative). Ci sarà poi un'attenzione particolare allo shopping: se dovesse presentarsi un'altra occasione come l'acquisizione della francese Messier Maris, sarebbe colta. Per finanziare eventuali operazioni di largo respiro, Mediobanca potrà contare anche sulla riserva di capitale garantita dalla quota del 13% delle Generali, l'unica partecipazione stabile" in portafoglio. Non ci sono tabù. Vogliamo creare gruppo un più forte. Ma il nostro scenario attuale è che la quota resti in Mediobanca, ha detto Nagel. Senza quindi escludere la cessione dell'intera partecipazione nel Leone per finanziare una grande operazione, che tuttavia non è in vista: Oggi lo scenario è che la quota di Generali resti in Mediobanca, ma come dicono a Francoforte, la cassetta degli attrezzi è piena. Il banchiere ha poi escluso rischi per l'indipendenza della compagnia assicurativa triestina, rimarcando che si tratta del gruppo più presidiato da tutti, nessuno ha un azionariato al 30% italiano neanche Intesa e Unicredit. Il concetto di public company si difende coi risultati e la fiducia, ha aggiunto riferendosi sia a Mediobanca sia alla sua partecipata.

Quanto, infine, all'uscita dal capitale di Unicredit, Nagel ha

definito la mossa di Jean Pierre Mustier positiva per tutti, per Unicredit, per il sistema bancario e per noi perché così abbiamo una base investitori normalizzata considerando che aveva attività concorrenti con Mediobanca.

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