Coronavirus

Mediobanca, utile a 552 milioni. Merito anche delle Generali

Importante il contributo delle "partecipazioni" Mps svaluta e a marzo va in rosso per 244 milioni

Mediobanca, utile a 552 milioni. Merito anche delle Generali

In una seduta bollente per i gruppi i gruppi finanziari chiamati ieri alla prova delle trimestrali, l'attenzione del mercatp si è focalizzata in primis su Mediobanca. Non solo per i diversi nodi da sciogliere legati all'emergenza Covid19 comuni agli istituti di credito.

Mediobanca, grazie al suo 13% detenuto in Generali, rimane infatti la porta di accesso più «economica» al Leone di Trieste e ai suoi 62,7 miliardi di Btp detenuti in portafoglio (a cui si sommerebbero i 3,3 miliardi di Piazzetta Cuccia). Soprattutto dopo che la sua capitalizzazione di Borsa si è più che dimezzata in pochi mesi: ora è di 4,5 miliardi. A ottobre l'assemblea degli azionisti sarà inoltre chiamata a rinnovare il cda del gruppo dove, lo scorso autunno, Leonardo Del Vecchio si è portato a ridosso del 10% del capitale.

E la partecipazione in Generali risulta centrale anche rispetto ai dati pubblicati ieri. La divisione principal investing in cui, sostanzialmente, confluisce la quota nel Leone ha concorso per 225,3 milioni (+2% sullo scorso esercizio) ai 552 milioni di utile (-11,8%) generati in nove mesi dall'istituto di Piazzetta Cuccia, rispetto ai 247,9 milioni (-3%) della divisione consumer, ai 155,2 milioni (-25,6%) dell'attività di corporate e investment banking e ai 66,5 milioni del wealth management (+18,6%). Stabili i ricavi a 1,9 miliardi (-1%). L'indice di patrimonializzazione (Cet1) a fine marzo si attestava al 13,9%, al netto della quota di dividendo maturata fino a fine dicembre. Sulla distribuzione della cedola tuttavia l'ad Alberto Nagel ha preso tempo anche in relazione alle indicazioni della Bce e ha rinviato ogni indicazione a luglio con l'approvazione dei dati dell'esercizio. Sempre a luglio il gruppo procederà all'adeguamento dei parametri Ifrs9 (sulle rettifiche di valore dei crediti in portafoglio). Nel frattempo, il banchiere ha confermato i target al 2023, la generazione di un utile «importante» anche per il prossimo esercizio e la «robusta» la generazione di capitale. Il Cet1, a fine del prossimo esercizio, è infatti previsto al 15% circa anche qualora dovesse raddoppiare il costo del rischio rispetto ai livelli pre-Covid19 (i 52 punti base dello scorso giugno).

Scelta diversa per Mps che ha già provveduto, con la trimestrale, ad aggiornare il valore dei crediti in portafogli. Le rettifiche hanno portato Rocca Salimbeni a chiudere il trimestre con un rosso di 244 milioni (dall'utile di 27,9 milioni di un anno fa), su 729 milioni di ricavi (-9,3%). In calo anche il Cet1 sceso a marzo al 13,6% dal 14,7% di fine dicembre. Sulla maxi-cessione di non performing loand (oggi a 5,8 miliardi) «non abbiamo ricevuto alcuna decisione formale dal Tesoro (primo socio al 68% di Mps e previsto in uscita entro il 2021 ndr) né dalla Commissione Europea» ha detto l'ad Marco Morelli.

Banco Bpm ha invece preso atto che il piano industriale non è più attuale e ne ha annunciato una revisione, dopo aver chiuso il periodo con un Cet1 al 14,4% e un utile netto di 151,6 milioni, in linea con lo scorso anno nonostante 213 milioni di rettifiche.

La cessione di un ramo d'azienda e il taglio dei costi ha infine spinto l'utile del Creval (25,33 milioni).

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