Dopo aver costretto la Bce a cucire gli esami patrimoniali europei su misura delle proprie banche (chiudendo un occhio sui derivati di cui sono zeppe e sottraendo ai test le vacillanti landesbanken), la Germania di Angela Merkel regala un'altra gatta da pelare al settore del credito europeo. La nuova rete di salvataggio, predisposta dalla Vigilanza unica con il «bail-in», promette di far aumentare ulteriormente un costo della raccolta già sbilanciato, con il risultato di trasformarla in una zavorra per l'intero settore.
L'autogol, pur tra toni paludati, si desume dagli studi diffusi ieri da Moody's, S&P e Fitch per vaticinare che il 2015 sarà un altro anno difficile per la maggior parte dei gruppi creditizi del Vecchio continente. Insomma, malgrado il rafforzamento patrimoniale degli stress test (11 miliardi solo in Italia), l'outlook sul settore è negativo e il rating in bilico soprattutto alla luce di una redditività sotto pressione e di un contesto economico debole. Le banche europee restano «strutturalmente vulnerabili», dicono le lobby del rating americano. C'è però un'interessante puntualizzazione: Moody's prevede ora una minore pressione sui gruppi dei Paesi «periferici», e quindi anche sull'Italia, mentre i problemi potrebbero concentrarsi proprio sulle banche della ricca Germania più sbilanciate verso il settore navale e per quelle olandesi, cariche di immobili e prestiti alle piccole imprese. Le nuove regole del sistema «Bbrd» entreranno a regime nel 2016, ma c'è un dato politico: il grande sponsor del bail-in, ovvero del salvataggio delle banche in difficoltà senza fondi pubblici, è stato Berlino. Un bel salto di coerenza visto che quello tedesco è il governo che ha maggiormente «foraggiato» il settore durante la crisi: 250 miliardi di aiuti pubblici contro, per esempio, i 60 miliardi scuciti dalla Spagna o i 40 dalla Grecia. Questi numeri sono di Bankitalia e l'Abi non ha perso occasione per rimarcare l'iniquità con cui la Bce ha svolto gli stress test. L'Italia, con i 4 miliardi concessi al Monte Paschi (di cui 3 già rimborsati) tramite i Monti bond a fronte di una cedola tonda del 10%, è peraltro il Paese che meno ha puntellato il proprio sistema.
Date le premesse si potrebbe pensare che le banche italiane saranno meno penalizzate delle estere nel 2015 ma, secondo gli analisti, non sarà così perché le Borse funzionano con la logica dei vasi comunicanti. Nella Penisola, se tutto va bene, il pil salirà inoltre solo di un timido 0,4% il prossimo anno. Senza contare i 177 miliardi di sofferenze (cioè di prestiti che famiglie e imprese non riescono a restituire) che inquinano i conti.
Dopo la crisi molti governi vogliono «ridurre il supporto per i creditori senior delle banche», avverte poi S&P. Questo fattore, sommato all'entrata in vigore della direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche («Brrd»), potrà tradursi in un taglio del rating.
Lo stesso Pil dell'Eurozona dovrebbe peraltro limitarsi a un un magro rialzo dell'1% nel 2015. Simile l'analisi di Moody' e Fitch: malgrado una stabilità finanziaria in miglioramento, le prospettive per la maggior parte delle banche europee «sono negative».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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