Meno yogurt, anche Danone taglia

La «crisi dello yogurt» colpisce Danone, il più grande produttore mondiale dei derivati del latte che ieri ha annunciato la chiusura di tre stabilimenti, di cui uno in Italia. Alla base della decisione, una spesa alimentare ridotta ai minimi termini a causa della crisi e le restrizioni parziali sugli heath claims (il riferimento ai benefici per la salute in etichetta) da parte dell'Efsa (European Food Safety Authority), nonché una forte competizione con competitor più bilanciati sui mercati extra Ue.
Da Nestlè e Unilever, questi player di settore possono beneficiare dello sbocco nel mercato americano: qui, negli ultimi mesi, si sono concentrate anche le attenzioni di un colosso extra settore come Pepsi che ha investito 206 milioni di dollari per un nuovo impianto da sviluppare con Müller per il lancio di prodotti innovativi.
Una sfida, quella sui nuovi prodotti, che al momento Danone sembra aver perso, soprattutto su marchi come Danacol e Actimel dove aveva più investito e ora non può vantare nemmeno gli allegati nutrizionali. Poi, certo, la parte del leone la fanno le vendite che in Italia nel 2013 sono diminuite del 4,6% per volume e del 6,4% in valore. Conti alla mano, lo storico gruppo francese ha così annunciato che chiuderà tre stabilimenti in Europa, uno dei quali è quello italiano di Casale Cremasco (Cremona) dove lavorano 100 persone. Gli altri siti che andrà a tagliare, entro un anno (metà 2015), sono quello tedesco di Hagenow e ungherese di Budapest, per un taglio complessivo di 325 posti. Il piano di chiusure prevede, infatti, oltre ai 100 esuberi stabiliti per l'Italia, 70 in Germania e 155 in Ungheria.
«I tre Paesi interessati dai tagli - spiega Danone - sono quelli che in questi anni sono stati maggiormente colpiti dal crollo delle vendite di prodotti lattiero-caseari».


La multinazionale sta comunque «lavorando con i rappresentanti sindacali e intende prendere le misure per trovare soluzioni alternative per i dipendenti coinvolti». La programmata chiusura dei tre impianti vedrà il contestuale e graduale spostamento della produzione in siti vicini in Belgio, Polonia e Francia.

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