Banca Carige vuole tornare a fare utili «adeguati» dal 2016, fino a 219 milioni nel 2018, per dimenticare il rosso da 1,7 miliardi del 2013, firmato ieri dal cda, e rilanciare l'istituto. L'obiettivo, ha detto l'ad Piero Montani, è «restare autonomi» puntando sulla «storica vocazione di banca commerciale del territorio focalizzata nel Nord Italia». Il rilancio dell'istituto genovese, dopo la bufera che ha colpito il precedente management, passa attraverso l'aumento di capitale di 800 milioni e il piano industriale che prevede tra l'altro 600 esuberi, 600 reimpieghi di personale in attività commerciali, la chiusura di una novantina di filiali e la fusione con Carige Italia. Non spaventano Montani e il presidente Cesare Castelbarco Albani alcuni ostacoli, come la ricapitalizzazione della controllata Carige Assicurazioni con 92 milioni chiesta dalla Consob. Dure le critiche alla precedente gestione, in particolare per «un'insufficienza degli attivi posti a copertura delle riserve tecniche e la riduzione del solvency ratio al 48%, a fronte di un coefficiente del 120% imposto dall'authority». La vendita, chiesta da Bankitalia, non appare immediata. L'ad preferisce pensare ai soci da convincere per l'aumento di giugno. Vorrebbe a Genova investitori come Andrea Bonomi («sarebbe il benvenuto, ci conosciamo da tempo») o Vittorio Malacalza («il nostro piano potrebbe piacere a un imprenditore come lui»), ma cercherà capitali anche fuori Italia a partire da Londra, Francoforte e Parigi.
Spiegherà che il piano prevede una crescita del 3,4% medio annuo della raccolta diretta da clientela (da 20,6 miliardi del 2013 a 24,2 del 2018) e degli impieghi lordi a clientela (da 24,2 miliardi a 27,7), con un incremento annuo del 2,8%. E che il costo del credito scenderà dai 414 punti base del 2013 a 70 punti base del 2018.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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