Mps senza certezze crolla verso zero

Si insedia il nuovo ad Morelli e i vecchi soci fuggono: il titolo perde il 6,4% a 0,18

Mps senza certezze crolla verso zero

Il «comitato di benvenuto» di Piazza Affari ha fatto la festa a Marco Morelli nel suo primo giorno da amministratore delegato del Monte dei Paschi.

Come prima mossa Morelli ha inviato un videomessaggio ai dipendenti di Mps sull'Intranet aziendale: «È' un ritorno dopo quasi sette anni e ho deciso di accettare, consapevole che nel futuro della banca ci sono grosse opportunità». Ma più che i dipendenti, va convinto il mercato. Perchè Ieri le azioni Mps sono finite più volte in asta di volatilità nel corso della seduta che poi è stata archiviata con un -6,4% sui nuovi minimi sotto quota 0,2 euro. Il titolo vale 18 centesimi e la banca capitalizza in Borsa meno di 550 milioni, ovvero poco più di un decimo dell'aumento di capitale da 5 miliardi che sta per essere chiesto al mercato. Il bilancio dell'ultimo mese è un calo di oltre il 18%, dell'ultimo anno è un -90 per cento.

Sul titolo vige ancora il divieto alle vendite allo scoperto e quello alle operazioni ribassiste compiute attraverso strumenti finanziari derivati che hanno come sottostante le azioni della banca. Lo stop era stato imposto dalla Consob il 7 luglio ed è valido fino al prossimo 5 ottobre. Insomma, poteva andare anche peggio.

Ma perchè questo stillicidio di vendite? Il piano di convertire i bond subordinati in azioni per ridurre l'importo cash della ricapitalizzazione non sembra percorribile, sostengono fonti della City sottolineando che il problema è il prezzo. Pesano, inoltre, le voci su uno slittamento del piano industriale che avrebbe dovuto essere presentato nel cda del 26 settembre. Il cambio di ad e le dimissioni del presidente Massimo Tononi, che comunque rimarrà fino all'assemblea, non hanno avuto l'«effetto svolta» sul mercato. Anzi, si teme un rischioso allungamento dei tempi del salvataggio e un copione simile a quello visto a Vicenza o a Montebelluna. Così come fa paura l'inventario delle sofferenze del Monte che deve smaltire circa 28 miliardi di crediti deteriorati, commentano nelle sale operative dove si fa notare che «tutto questo attivismo di Jp Morgan di cui si è vociferato sulla stampa evidentemente non sta dando i frutti sperati». Ma c'è chi azzarda altri scenari. Il primo, è che a vendere sia anche un socio di peso del Monte come i francesi di Axa o i sudamericani di Fintech. L'altro è che i forti ribassi degli ultimi giorni aprano la porta a un investitore - o a una cordata - che a questi prezzi entra nell'azionariato del Monte per poi procedere all'integrazione auspicata dalla Bce.

Intanto, la sfiducia degli investitori sta diventando contagiosa. Il mercato esprime sofferenza anche per i ritardi per le trasformazioni di tutte le popolari in spa e per il rallentamento del riassetto generale del sistema bancario italiano. Ieri in un'intervista Ignazio Angeloni, membro del consiglio di vigilanza della Bce, ha annunciato che i requisiti di capitale per le banche saranno resi noti a gennaio e che ci saranno «variazioni abbastanza consistenti legate alla rischiosità di singole banche».

Il mercato punta il dito non solo su Mps ma anche su Carige (ieri -6,8%) e il Banco Popolare (-4,5%) che deve sposarsi con Bpm (-5,9%). Male anche Ubi (-3,08%) e Mediobanca (-2,7%) mentre le due big Intesa Sanpaolo e Unicredit hanno chiuso la seduta di ieri in calo rispettivamente del 2,7 e dello 0,8 per cento.

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